Che notte, stanotte: spasmi e brutti sogni. Ormai dovrei esserci abituato e, invece, mi volto e mi rivolto tra le lenzuola come nella famosa canzone della Balistreri, ma i suoi erano solo gemiti e sospiri d’amore e i miei, invece, sono contorcimenti dell’anima e del corpo. L’anima e il corpo di un vecchietto che i suoi 78 anni “abbuccati” non li dimostra ma, in certe giornate, anzi nottate, se li sente addosso, dal primo all’ultimo.
Quando succede, io la mattina mi alzo che sembro uno fantasma, la testa come un sacco vuoto, le gambe malferme, la bocca di fiele. Se la giornata comincia così finisce pure peggio perché io, ipocondriaco all’ennesimo stadio, somatizzo tutti i sintomi delle peggiori malattie del mondo: “Sto morendo!”, diventa la mia dolente cantilena. Cettina, mia moglie, che di scene simili ne vede e patisce da oltre cinquant’anni, mi si avvicina, mi strantulia per le spalle e mi sibila in un orecchio come fosse un messaggio cifrato: “Non hai niente, ora ti passa!”.
Ma siccome io “tistiu”, come a dire che stavolta si sbaglia (“Lo vuoi capire o no che sto morendo?”) lei, perentoria, aggiunge: “Guarda che di pomeriggio starai meglio, molto meglio!”. La guardo, stranito, mentre dalle labbra, mi esce appena un soffio: “Perché”… “Come perché? Il Palermo oggi vince col Messina… Garantito!”.
La guardo, stranito, so che lei raramente si sbaglia ma il calcio è roba strana, ventidue giovani e forti che si contendono l’uso esclusivo di un pallone, l’imponderabile è sempre in agguato, le sorprese non mancano mai. Ma ha ragione lei, il Palermo è in testa alla classifica, quattro partite, quattro vittorie, nessun gol subito in trasferta… E mi seggo a tavola, è ora di pranzo, frugale come sempre se precede una partita del Palermo.
Finisce che manca ancora un’ora alla partita e io dovrò solo… immaginarmela: sembra poco ma è molto se pensi che l’alternativa sarebbe Eleven, al computer. Mi getto, sfinito, sul letto e chiudo gli occhi sperando di recuperare un po’ di quel sonno perduto durante la notte. E, infatti, piombo per qualche minuto in un torpore così pesante che mi alzo di scatto e accendo la tv, sintonizzandola sulla “Partita del 13” di Alessandro Amato. E guardo tra le dita di una mano : “Virienmu chi sta faciennu u Paliermu?”. E’ la mezzora e le squadre sono ancora sullo 0-0 e Amato intrattiene con la sua solita verve i suoi ospiti. Non mi sembra preoccupato, parla di un Palermo solido che controlla il gioco, crea poco ma subisce ancor meno.
Gli spasmi, intanto, infieriscono senza pietà, i diverticoli, ormai incontrollabili, danno il meglio (cioè il peggio) di sé, i miei gemiti si fanno così lancinanti che Cettina è costretta a lasciare il suo “chiffari” in cucina e venirsi a sincerare: “ Signò u Paliemmu?”… E si risponde da sola: “Ah, ancora non ha segnato… Ma stai tranquillo, Benni, perché fra poco segna!”.
E giusto in quell’istante Amato urla per un’azione pericolosa (palo? Traversa?) del Messina… E io, che giacevo esanime, balzo in piedi, com’avessi subito una scarica elettrica. Cettina, fa qualche passo indietro, socchiude la porta e sussurra amorevole “Niente ci fu, ora segniamo!”.
E se ne va. E io, come tramortito da quella scossa di paura, ricado inerte sul letto e mi sento davvero male, stavolta non solo sintomi psicosomatici, ma mal’i panza forte e… scisuni in arrivo… Corro verso il bagno, mentre al San Filippo corre il quarto d’ora circa, sono ad un passo dalla tavoletta quando un urlo di Amato bello forte e vigoroso come un do di petto di Pavarotti mi inchioda sulla soglia del gabinetto: “GOOOOOOOOL!” . In un lampo sono davanti alla tv, Amato ce l’ho ad un filo dalla faccia, gli darei un bacio per la felicità, e urlo anch’io ”Goooool “, e mi rammarico solo di farlo… in differita. Mi batte forte il cuore fino al 93’, poi l’arbitro fischia la fine e noi restiamo soli in testa alla classifica e …
E io sto bene, sto benissimo (il bagno? Non mi serve più) perché quel gol di Ficcarrotta (non badate all’imbarazzante ambiguità del nome, per un tifoso conta solo se sei degno della maglia che indossi) ha funzionato come un bisturi che incide e toglie il bubbone, e poi sei più sano di prima.
E capisco perché tutti mi trovano più giovane degli anni che porto sulle spalle: merito della sconfinata passione cristallina e incorruttibile che mi tiene avvinto al Palermo, che non è solo la mia squadra del cuore, ma qualcosa di più, difficilmente spiegabile a parole, che rassomiglia tanto alla voglia inesausta e innocente di vivere che si ha da bambini.
Come un elisir di eterna giovinezza.