Mi dicono che la “Robe di Kappa” tardi a consegnare la nuova maglia del Palermo – quella scelta dai tifosi in un concorso all’uopo bandito dalla società di Viale del Fante – perché ha difficoltà a “trattare un colore così strano e inusuale come il rosa”. Se questa è la spiegazione del ritardo, io resto basito. Mi dicono pure : “Tanto che importa, un colore vale l’altro, serve solo vincere per lasciare subito l’inferno della serie D”. E io resto basito. Mi dicono, inoltre, che la “Robe di Kappa” se la prende comoda perché “Il Palermo è un cliente come un l’altro, mica è la Juve, il Napoli e l’Inter…”. E io resto basito.
Non mi dilungo a spiegare le ragioni del mio stupore, dico solo : IO RIVOGLIO LA MIA MAGLIA, e la mia maglia è quella che ci rappresenta, cioè i due colori della storia, che risalgono nientemeno che al 1907 (i suoi primi colori erano stati il giallo e il rosso): IL ROSA e il nero. Il ROSA lo scrivo a caratteri cubitali (stampatello) perché è il colore principe, mentre il nero, seppur prezioso e irrinunciabile, è il suo fedele scudiero. Fu il rosa, così raro, anzi unico nella tradizione calcistica, che mi folgorò sin dalla prima occhiata, che gli diedi quell’Epifania del ’49, quando scappai di casa e me ne andai allo Stadio per capire perché mio fratello Vladimiro, il mio maestro, il mio vate, il mio Virgilio, in quel suo quadernetto nero zigrinato a quadretti, scrivesse quelle meraviglie sul calcio e “sui rosanero che sognar mi fanno”.
Era una giornata tempestosa, pioveva a dirotto e faceva un freddo cane. Mio fratello aveva rifiutato per l’ennesima volta di portarmi alo Stadio: “Sei ancora un picciriddu, lo Stadio non è posto per te… E poi io ci vado per lavorare…”.
Così detto, infastidito, girò i tacchi e filò via… E io, lesto e furtivo, gli andai dietro, così com’ero, una maglietta e calzoncini mentre fuori infuriava la tempesta. Tutta la via Sampolo di allora era un lungo cunicolo tortuoso che, a causa della pioggia torrenziale, era già diventato un acquitrino… E poi, la falcata di Vladimiro non era certo la mia: lui faceva un passo e io, per non perderlo di vista, dovevo farne almeno due.
Mai viste tante streghe nella mia vita quante ne vidi quel primo pomeriggio: ogni volta che rallentavo per una scaffa, una pozzanghera o un colpo di vento più forte degli altri, la sagoma di Vladimiro mi spariva dalla vista e io… morivo di paura: “L’ho perso… E ora che faccio?”. E finalmente, allo Stadio, lo tallono, mi acquatto alle sue spalle, ma lui non mi si gira e in un amen sparisce oltre l’ingresso della tribuna. Fingo di … non esserci e mi infilo anch’o ma, fatti un paio di passi, mi inchioda al terreno la mano di un signore grande e grosso che, con aria più stupita che incavolata, mi urla. “E tu, piccirè, runi vuo’ iri?”.
E mi ritrovai subito fuori, sotto la pioggia battente. Solo, disperato, con un gelo nel cuore che c’entrava poco con quello del tempaccio che sferzava uomini e cose. C’era un gruppo di persone nel piazzale, mi avvicinai, trovai rifugio sotto un ombrello. Lo reggeva un ragazzotto sulla ventina che mi guardò in cagnesco, ma fu solo la prima occhiata perché, subito dopo, sorridendo mi disse: “Tranquillo, piccire’, a picca rapunu u purtuni e trasiemu tutti!”. E così sì fu: il portone che si apriva mi parve uguale ad un albatros che spalanca le ali. Entrai, mi arrampicai mani e piedi, perché erano troppo alti per me quegli scaloni … e finalmente arrivai in cima. E in cima, mi si spalancò il paradiso, anche se il campo era diventato un letamaio e dell’erba verde non c’era più traccia. Ma fu il ROSA delle maglie a colpirmi, dritto al cuore. Al suo cospetto il granata del GRANDE TORINO mi fece quasi tenerezza per la sua … inadeguatezza. Perdevamo 2-0 eppure gli spalti risuonavano di canti e cori. Io mi issai a forza sulle spalle del mio amico ventenne per vedere meglio…E vidi…
Vidi prima il gol di Milani e poi quello del pareggio di Pavesi: 2-2 con il GRANDE TORINO di Mazzola, Bacigalupo, Grezar, Maroso…, la squadra più forte di tutti i tempi. Il tutto al cospetto di un ragazzino di otto anni, scappato di casa per amore della MAGLIA ROSANERO. Ovvero dei colori più belli al mondo, non foss’altro perché, insieme, sono la metafora della vita ( e quindi anche del calcio) : il rosa della gioia per la vittoria e l’amaro per la tristezza della sconfitta. Che altro dire per spiegare la mia smania di rivedere sul prato verde del mio Stadio, presto, prestissimo, subito la MAGLIA ROSA del mio Palermo?
Leggendo queste righe, ho rivissuto, con le lacrime agli occhi per la commozione e la sensazione di aver provato le stesse emozioni, anche se in epoche più recenti, tutta l’emozione e la gioia di vedere sui campi di tutta Italia, le nostre meravigliose maglie rosanero…
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