Come la frenesia scatenata dal calciomercato se non, alle volte, anche di di più. È la curiosità che pervade l’animo di ogni tifoso quando, in pieno ritiro estivo, il proprio club decide di affidarsi a un nuovo sponsor. Avviene se la proprietà non cambia, figurarsi all’indomani di un fallimento, allorché, dalle proprie ceneri è scontato che l’araba fenice verrà fuori del tutto rinnovata.
LA SACRALITÀ DELLA MAGLIA
Un vero e proprio referendum è stato quello lanciato dal Presidente Mirri e dal suo vice Di Piazza, arguti nella decisione di fare scegliere agli appassionati l’oggetto più amato. Perché la maglia di una squadra di calcio altro non è che il più pagano dei feticci. Adorata, invocata, stretta tra le mani e annusata. Lasciata sporca di fango se è il caso. Dunque incorniciata o riposta in una teca in modo da immortalarla a futura memoria. Per lei, quando lanciata tra la folla, i tifosi della stessa squadra sono pronti a epiche scazzottate. Avviene, da sempre, in tutti gli stadi del mondo. La maglia va onorata punto e basta. E chi tra i calciatori lo fa, chi la suda, pur tecnicamente inferiore rispetto al compagno, avrà ottenuto la stima della gente.
PAZIENZA FINITA
Pensate, a questo punto, quanta fremente attesa stia pervadendo i tifosi del Palermo. Fino ad ora, complici le nove vittorie di fila, pazienti come mai. La maglia tutta nera e tempestata di sponsor, non c’è che dire, sotto l’aspetto scaramantico sta funzionando. Ma la voglia di vedere scendere in campo i proprio beniamini con la divisa di sempre cresce di settimana in settimana. “Ma possibile che ancora non sono pronte?” “E chi cci vuole? Manco i stissiru cusennu a mano!”. Questi alcuni dei commenti che si possono cogliere, e non solo al Barbera, riguardo l’argomento.
SI ERA DETTO DUE MESI…
Più di 20.000 i voti on line dei palermitani. Tra la sestina di modelli proposti, alle varianti a strisce verticali l’ha spuntata la maglia classica. Quella con l’elegante ala stilizzata del nuovo logo, posta su un fianco. Praticamente un plebiscito. Due mesi si era detto sarebbero trascorsi, ergo, mancherebbe davvero poco per riabbracciare le casacche di sempre. Quelle uniche nel panorama calcistico italiano, talmente belle da divenire seconde e terze maglie di alcuni club nostrani ma non solo.