Ho dovuto aspettare (quasi) tutta la vita per riprovare l’emozione delle mie partite per strada, quand’ero ancora un ragazzino e si giocava col “Super Santos” e non c’era il fuorigioco e non c’era l’arbitro e non c’erano né i pali né le traverse… C’era solo la nostra inesausta gioia di vivere… Era il dopoguerra e la strada era la nostra casa: là ci riconoscevamo tutti, bastavano i nostri occhi spiritati per gli stenti e le privazioni della guerra, appena finita.
IL MOCCIO AL NASO
Ebbene, dopo sessant’anni di calcio e di tifo rosanero, ho scoperto nella serie D, in questo pianeta sconosciuto perché mai “praticato” prima, emozioni simili a quelle, indicibili, di quand’ero ragazzo: anche qui, in questo calcio bistrattato della quarta serie, dimenticato dai mass media, ritrovo quella innocenza del piacere che viene solo da un divertimento puro, qual è – quale dovrebbe esser sempre – la partita di calcio. Ieri, allo Stadio, ad un certo punto mi è sembrato di tornare quel bambino col moccio al naso che rincorreva senza mai fermarsi una pallone a scacchi, il Super Santos, ed ero felice. Felice, a prescindere. Certo, un pizzico di più se vincevo, ma comunque sempre con l’anima che cantava, solfeggiava; insomma, finalmente viveva, anzi riviveva la sua adolescenza.
I FREMITI DEL CUORE
Vi chiedete se sto esagerando, anche perché di solito io esagero, ma stavolta no… Anzi, stavolta, devo mettere la sordina ai fremiti del cuore che la partita di ieri, quella che si svolgeva sul prato verde ma anche quell’altra degli spalti, mi ha più di una volta emozionato e commosso.
IL CORIGLIANO
Intanto, l’avversario: il Corigliano Calabro, bassa classifica della serie D, che arriva a Palermo a… piedi, nel senso che non ha più una società alle spalle ma solo il suo allenatore con un cuore grande cosi: mister De Sanzo non vuol lasciare la presa, anzi stringe più forte i legami con i suoi ragazzi e li incita ad onorare la maglia sempre e comunque. E altrettanto fanno i tifosi della squadra calabra, che vanno anche in trasferta, sono solo quaranta ma fanno un tifo stupendo, quello che contempla solo la sua parte bella: incoraggiare sempre la squadra, a prescindere dal risultato e perfino dall’avversario.
LO STRISCIONE
Loro non hanno mai visto uno Stadio bello grande sontuoso come il “Barbera”, per loro è una festa già trovarsi su quei gradoni, sotto le pendici del “promontorio più bello del Mondo”: il Monte Pellegrino, come lo definì Wolfang Goethe. Espongono un paio di striscioni che mi inteneriscono: il primo è dedicato al Palermo, e già questa è una carezza straordinaria, inedita nel calcio cosiddetto vero, quello dei milioni, dei veleni e degli inganni… Il primo recita: “Oggi come centodiciannove anni fa il Palermo merita la serie A”.
DICHIARAZIONE D’AMORE
Il secondo, invece, è una dichiarazione d’amore verso i propri colori, e dice: “Anche se in mezzo ai guai noi non ti abbandoneremo mai”. Il tutto mentre la partita si recita a soggetto, da una parte una squadra che domina incontrastata e incontrastabile, dall’altra il Corigliano che non si rannicchia nella sua area ma tenta di contrattaccare, anche se è palese che, così facendo, si espone ancor di più alla superiorità schiacciante dei padroni di casa.
Sei gol e il loro portierino, che è anche il capitano, ne evita altrettanti, al punto che indicarlo come il migliore in campo del suo drappello è il minimo.
Sei gol e tanti applausi, anche da parte dei quaranta tifosi calabri, che cantano e ballano come se la loro squadra stesse vincendo. Ed ecco, la bellezza “antica” del calcio, inteso come Sport (con la esse maiuscola): per i tifosi conta solo che la squadra onori la maglia, perché tutto il resto, risultato compreso, passa in second’ordine.
LA LEZIONE
E, alla fine, LA LEZIONE che vale per tutti, in serie D come in serie A: i giocatori del Corigliano corrono sotto l’angolo della gradinata per raccogliere gli applausi dei propri tifosi e ricambiare con baci e abbracci. E’ una scena bellissima, che riscalda il cuore: gli undici (sedici) biancocelesti hanno preso sei gol ma hanno conservata intatta la dignità. Di giocatori e di uomini e i tifosi apprezzano, applaudono, cantano e ballano per loro.
SOTTO LA CURVA
Sembra l’epilogo più emozionante di una domenica speciale, ma non lo è perché, a sorpresa quando i giocatori del Corigliano hanno quasi imboccato il tunnel che porta agli spogliatoi, come ascoltando una voce che viene dal profondo del loro cuore, tornano indietro e corrono sotto la nostra Curva Nord: a braccia levate, applaudendo e perfino inchinandosi. Il boato che, di risposta, giunge loro è straripante, oltrepassa le vecchie mura dello Stadio e si diffonde per le vie della città. Non solo della nostra città, ma della CITTÀ DEL CALCIO. E’ un messaggio da raccogliere, così da far tornare il calcio a quella festa di Sport e di Vita che più di centovent’anni fa suggerì a certi navigatori inglesi di diffonderlo nel mondo.