Giano, il cosiddetto “Bifronte“. Ma chi è? Una figura mitologica molto arcaica dell’Antica Roma che possiede due teste che gli permettono di scrutare presente e passato. Ma non solo: essendo il “Dio della porta“, i due volti riescono a guardare sia l’interno che l’esterno. Due facce della stessa medaglia così diverse tra loro. La Sicilia calcistica potrebbe essere descritta proprio in questo modo: il volto dolce e commovente è descritto dal tifo passionale, colorato, accorato, ospitale, civile e dalle affermazioni che fanno gonfiare il petto all’interno del rettangolo verde di gioco, mentre il viso “maligno” viene interpretato da brutti episodi inerenti a fallimenti e violenza. In questo articolo, analizzeremo il lato da stigmatizzare e correggere: ecco il volto cupo di una Sicilia che non vorremmo mai commentare.
FALLIMENTI E VIOLENZA: LA PAROLA “RISPETTO” EVAPORA AL CALDO SOLE SICILIANO
Partiamo da un banale, ma importante, presupposto: non faremo mai di “tutta l’erba un fascio“. Né per tifosi ma nemmeno per gli imprenditori. Purtroppo, e ci duole ammetterlo, in queste due variabili, la Sicilia non mostra sempre la faccia migliore. Quella da ammirare con gli occhi sgranati e sognanti. Come il buon Giano Bifronte, la terra di Trinacria è governata da due teste che ragionano in maniera autonoma e diversa: la prima mostra tutto il bello , con assoluto orgoglio, della Regione mentre la seconda, con efferatezza, ci catapulta su un altro pianeta governato da odio ed orrori sportivi. Più brutto e malinconico, insomma. In questo universo, tifosi ed imprenditori hanno visto evaporare la parola “rispetto” dal proprio vocabolario contribuendo, così, alla pubblicità negativa della Sicilia.
QUANDO IL “RISPETTO” MANCA AI TIFOSI…
Tifosi ed imprenditori che calpestano, vivendoci, il volto crudele di Giano Bifronte. Ecco chi abita l’universo da stigmatizzare della Sicilia calcistica. La violenza fa parte, purtroppo, della storia del calcio italiano e attecchisce le sue marcescenti radici anche dopo lo Stretto di Messina. La punta dell’iceberg di questa violenza è sicuramente descritta negli scontri tra “tifosi” (le virgolette sono d’obbligo) e la polizia di Catania che portarono alla morte del carabiniere Filippo Raciti. Catanesi e palermitani, poi, si sono resi protagonisti d’incresciosi eventi nella stagione sportiva attuale: nel settore ospiti di Palmi, alcuni supporters del Palermo hanno generato una rissa fra di loro mentre a Catania, dopo la conferenza d’addio, Pietro Lo Monaco è stato ferito al naso da un personaggio che si definisce “tifoso degli etnei”.
QUANDO IL “RISPETTO” (E LA PASSIONE) VIENE UCCISO DAGLI IMPRENDITORI…
Molto spesso, invece, i tifosi diventano vittime degli imprenditori che, con le loro discutibili gestioni aziendali, portano al fallimento del club. E sappiatelo, non scompare soltanto una società: la morte sportiva di una squadra di calcio, infatti, ferisce gravemente la passione e l’amore di tutti i tifosi. Quanti fallimenti ha conosciuto la Sicilia? Innumerevoli e reiterati. Il Palermo è scomparso in estate dopo la mancata iscrizione al campionato di Serie B grazie alle gestioni poco virtuose di Zamparini e Tuttolomondo.
Ma i rosanero sono gli ultimi di una lunga lista: nella recente storia calcistica siciliana hanno incontrato la morte sportiva società come Messina, Siracusa, Akragas e adesso una parte di Sicilia è in profonda ansia per le sorti del Calcio Catania. Questa carneficina ha distrutto il calcio della Trinacria: nessuno club in Serie A, uno solo in serie cadetta (Trapani), per adesso due in Serie C (Calcio Catania e Sicula Leonzio) e tutte le altre sparse fra Serie D (vedi Palermo ed i due club di Messina), Eccellenza (Akragas) e Promozione (Siracusa).
Fallimenti e violenza rappresentano il rovescio della medaglia, la faccia nefasta del calcio siciliano da dover coprire, magari con un telo, per aspirare ad un futuro migliore. Un domani che spalanchi le porte al “Rinascimento della Trinacria calcistica”…