Rimettersi in gioco a 63 anni, dopo una vita spesa tra A e B, le categorie nobili del calcio italiano. Non è facile, soprattutto se la serie in cui sei chiamato a lavorare si chiama D e mai hai avuto modo di sperimentarla. Ma Renzo Castagnini , da buon toscano (è nato a Reggello, comune della città metropolitana di Firenze) non è certo tipo da tirarsi indietro. “All’inizio credevo di non essere all’altezza del compito assegnatomi, poi però, come sempre accade, tutto cambia quando cominci a lavorare. Bisogna metterci la testa nelle cose, e finchè non c’è il campo come giudice non sai quello che hai costruito” Essere più o meno forte non è valutabile a tavolino“. Di seguito l’intervista completa a Renzo Castagnini rilasciata in esclusiva a TMW.
INTELAIATURA DA BIG
Inevitabile, con la sessione del mercato invernale aperta da poco, chiedere quale sarà l’orientamento del Palermo in tema di campagna di rafforzamento.“Certamente qualcosa si farà, ma non poi tanto. Questa squadra – afferma Castagnini –non è lontana da una B. Questa è la percezione come qualità generale. Bisogna rimpinguare i reparti, mettere a posto un pò di cose, lo fanno tutti Juventus compresa“.
FOLGORATO SULLA VIA DI COVERCIANO
E’ dunque una responsabilità importante quella consegnata nelle mani del duo Sagramola-Castagnini, ovvero quella di riportare il Palermo nel calcio che conta. “Con Rinaldo c’è un feeling particolare, ci conosciamo bene – afferma l’ex Ds del Brescia -. Sappiamo bene che se vinci hai ragione viceversa sei un coglione, che anche se non si può dire è la pura verità. Quando ho capito come vivere questa avventura in maniera vincente? Semplice, durante un’amichevole di fine luglio a Coverciano. Disoccupati contro una squadra di D toscana che vuole arrivare ai play off. I disoccupati camminavano, gli altri correvano. Finisce 3-0 per i disoccupati. Una lezione che mi ha fatto capire quanto sia importante la qualità per vincere in quarta serie“.
GLI OSTACOLI DELLA D
Dunque una squadra, il Palermo, costruita gettando le basi per il futuro. “Chiaramente non possiamo pensare di smantellare un gruppo di siffatto spessore. C’è un impianto di livello che consta di 27 elementi, costruito per la C. A chi fa notare come la Juve under23 non vinca nel suo girone di serie D, rispondo che comunque affermarsi è sempre difficile. Anche perchè intervengono diverse variabili – afferma l’ex mediano di Catania, Taranto e Livorno -, come i campi piccoli che il Palermo ha sperimentato non sempre in maniera vincente come accaduto a Palmi.
PIANETA C
Si parla di serie C, una categoria estremamente impegnativa “ma non impossibile – afferma Castagnini -. L’ho vinta a Salerno e a Cosenza. Chiaro che la formula impone grandi sacrifici, considerata l’unica promozione e l’infernale lotteria dei play off. E poi ci sono club che spendono parecchio, come Monza, Reggina o Benevento ai tempi. In C ci vuole testa e voglia, equilibrio ed entusiasmo“.
POCO TEMPO TANTO STRESS
Dopo Brescia, da dove Castagnini ha portato con sè Martinelli e Lancini, due attuali colonne della squadra consegnata a Pergolizzi, ecco l’avventura in rosanero. “Senza dubbio, considerati i tempi ristretti, posso considerare questa di Palermo l’esperienza più stressante in assoluto. Non dormivamo la notte. A Brescia ad esempio non avevamo soldi ne nulla ma di tempo ce n’era eccome. Qui abbiamo iniziato il 5 agosto con il campionato che sarebbe partito l’1 settembre”.
MIRRI TOP PRESIDENT
Roba da guinness dei primati, sforzi fatti con il solo e unico imperativo di vincere. “La società è solida e seria, e poi Palermo ti impone questo, ovvero di essere riportata là dove merita di stare la quinta città d’Italia. Non voglio fare sviolinate quando dico che il Presidente Mirri è una persona straordinaria, un tifoso vero“.
MODELLO PARMA
Nonostante ciò, nell’ottica di una risalita, si ventila già il cambio di proprietà. “Bisogna vivere il momento, cercare di fare risultato. I palermitani vogliono loro concittadini, questa è la chiave dell’entusiasmo. Il nostro sogno – prosegue Castagnini – deve essere emulare quello che ha fatto il Parma con la sua vertiginosa risalita dalle serie minori alla A. Una città come Palermo, che in D ti porta 20.000 spettatori e che in seguito potrebbero diventare 30.000, impone questo tipo di responsabilità e impegno“.