Ecco perché i calciatori sono più esposti al contagio

Secondo la virologa Maria Rita Gismondo, i calciatori dopo lo sforzo intenso di una partita sono più esposti al coronavirus

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Dopo il difensore della Juventus Daniele Rugani, anche uno dei calciatori della Sampdoria, l’attaccante Manolo Gabbiadini è risultato positivo al test del coronavirus. Il risultato è che Juventus, e Sampdoria sono in quarantena, così come Inter ed Hellas Verona, le ultime squadre che hanno incontrato . Nel mondo del calcio oltre questi club, in quarantena c’è anche il Real Madrid, e nella Premier League. ci sono anche tre casi sospetti.

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I CALCIATORI SONO PIÙ ESPOSTI AL CONTAGIO?

Il Corriere dello Sport, ha chiesto oggi alla professoressa Maria Rita Gismondo, direttrice della Microbiologia e Virologia dell’Ospedale Sacco di Milano, se i calciatori e gli atleti in generale sono più esposti al contagio. «Sì – ha risposto la virologa -, sia per una sorta di momentanea depressione immunitaria conseguente a uno sforzo fisico intenso, sia perché poi sono a contatto, come avviene, negli spogliatoi. Il caldo umido ambientale favorisce la persistenza nell’aria e nell’ambiente delle goccioline di tosse o starnuti. Di conseguenza se c’è un soggetto infettato ma senza sintomi diventa facile fonte di contagio. Quindi quarantena obbligata per le squadre interessate, ma anche per i familiari di chi risulta positivo».

QUALI CONSEGUENZE PER GLI ATLETI POSITIVI

Alla professoressa Gismondo è stato chiesto anche se i calciatori dopo essere stati negativizzati rischiano conseguenze o strascichi. «Assolutamente no – ha risposto -. Bastano due settimane a casa in quarantena, con una mascherina e un bagno riservato. Se invece ci sono sintomi come quelli di un raffreddore o di un’influenza, occorreranno altri quattordici giorni di isolamento, una volta finiti i sintomi. Dopo torneranno in forma come quando si ha una forma influenzale».


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