Rivolte nelle carceri: le parole del segretario regionale del SAPPe.

Le parole del segretario regionale del SAPPe Sicilia, Calogero Navarra, in merito alla situazione critica che riguarda le carceri italiane

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Detenuti sui tetti, oggetti in fiamme, infermerie prese d’assalto e danni enormi: da Milano a Palermo, passando per Roma e Foggia, la rivolta dei detenuti nelle carceri si è diffusa in tutta Italia a suon di: “amnistia e indulto contro il Coronavirus”. Dopo ore di tensioni in vari istituti di Italia, il bilancio è di sette detenuti morti per overdose di psicofarmaci – tra domenica e lunedì – e decine di detenuti evasi a Foggia, di cui 34 ancora ricercati.

carceri
Il segretario regionale del SAPPE Sicilia (Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria), Calogero Navarra

PAURE E REAZIONI

Una situazione gravissima in tutta Italia, che non ha mancato di provocare paure e reazioni. “Sono troppe e tristi le cose che vorrei raccontare…- confessa il segretario regionale del SAPPe Sicilia (Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria), Calogero Navarra a RNL- oramai le chat, i social e i mass media hanno raccontato tutto. Peccato che come al solito si sono dimenticati di raccontare di NOI, degli uomini e delle donne della POLIZIA PENITENZIARIA.

L’assalto alla notizia è stato più importante rispetto a chi ne ha fatto parte o, per meglio
dire, è emersa solo la componente relativa alle persone ristrette e tralasciata chi è intervenuto a salvaguardare l’istituzione. E’ proprio vero…siamo un paese fatto
all’incontrario…. Non voglio entrare nel merito della questione politica perché non è mio
compito, ma e’ mio dovere difendere i miei colleghi della Polizia Penitenziaria, ogni
qualvolta vengono bistrattati, ignorati proprio da chi dovrebbe tutelarne l’immagine e la
professionalità. In questi giorni ho assistito ad eventi giornalistici e dell’Amministrazione Penitenziaria dove a farla da padrona è stata la popolazione detenuta, ove la problematica del sistema penitenziario è da imputare principalmente al sovraffollamento, alle carenze strutturali dei penitenziari italiani ecc. e, magari in parte, hanno anche ragione queste persone che parlano di carcere pur non conoscendone realmente il contesto. Come in tutte le cose, se non ci si ha a che fare direttamente, non si possono comprendere fino in fondo ed è presunzione pensare di esserne il protagonista. Il problema maggiore è che qui in molti ancora non hanno capito proprio nulla!!!! L’unica cosa che è emersa in questi giorni di difficoltà, sia per la gestione del Covid-19, che per il contenimento delle rivolte negli
istituti penitenziari di tutta Italia, è che gli uomini e le donne della Polizia Penitenziaria
hanno un senso di responsabilità e uno spirito di Corpo che va ben oltre ai compiti a loro
deputati.

Il Corpo di Polizia Penitenziaria quarta Forza del’Ordine Italiana conta in Italia
40.000 unità circa 190 istituti penitenziari distribuiti su tutto il territorio nazionale
Nella Regione Sicilia il personale di Polizia Penitenziaria Amministrato al 20 febbraio
2020 in tutti i ruoli Direttivo 61-Ispettori- 280 Sovrinendenti 55 -Agenti e Assistenti
uomini 2879 donne 375 per un totale di 3650 mentre quello previsto dal D.M.
02.10.2017 Direttivo 70-Ispettori- 308 Sovrinendenti 298 -Agenti e Assistenti uomini
3232 donne 295 per un totale di 4203 di 3527 uomini e 295 donne per un totale di 4203
con carenza di organico complessivo di -553 Questo dato rappresenta che in Sicilia c’è una carenza organica pari al 30% quando in altre realtà lavorativa presenti nel territorio Italiano addirittura non supera il 10%.
• Quindi in Sicilia il personale di Polizia Penitenziaria è chiamato a svolgere il
proprio compito in grandissima difficoltà e in un contesto sempre più infarcito di doveri, e di contro non si riescono a garantire i più elementari diritti dei lavoratori, quali il diritto
alla sicurezza dei posti di lavoro (basti guardare le statistiche sugli infortuni sul lavoro
che aumentano vertiginosamente) e il diritto al recupero psicofisico, sempre più
compromesso da carichi di lavoro ai limiti del collasso (agenti costretti a ricoprire quasi
sistematicamente più posti di servizio contemporaneamente).A tal proposito si rappresenta, che oggi i Poliziotti Penitenziari nella nostra Regione, sono per lo più al disopra la soglia di età anagrafica dei 50 anni e questo la dice lunga rispetto alle altre realtà del Nord, perché, di fatto, con il notevole sovraccarico di lavoro e non essendoci il ricambio generazionale, la vita lavorativa ogni giorno diventa sempre più difficile, faticosa e insopportabile.
In questo clima, già esasperante, il confronto con le istituzioni latita, le relazioni
sindacali sono sempre più rarefatte e le stesse Direzioni non sono in grado di garantire
l’applicazione corretta dei protocolli d’intesa locali vista la carenza sempre più massiccia
di uomini e mezzi.
• Nei più grandi istituti penitenziari della Sicilia non si riescono ad assicurare gli
adeguati giorni di ferie necessari per il recupero psicofisico del personale, ormai stremato
dagli eccessivi carichi di lavoro.
La ripartizione delle dotazioni organiche a livello nazionale, fatta nel 2019 ha
fortemente penalizzato in particolar modo la nostra Regione rispetto ad altre realtà
lavorative, poiché include i Nuclei Operativi Provinciali ed Interprovinciali, decretati
come Reparti e quindi non dipendenti dagli Istituti Penitenziari, che assorbono centinaia
di unità di Polizia Penitenziaria impegnate quotidianamente, nei delicati servizi di
traduzione e piantonamento di detenuti per lo più appartenenti al circuito Alta Sicurezza.
Ebbene, paradossalmente, di contro cosa accade, che queste corpose aliquote di
personale non siano state scorporate, ma ricondotte in seno alle dotazioni organiche degli
istituti penitenziari che, di fatto, non possono servirsene, andando ad incidere
ulteriormente sulla già grave carenza di personale proprio nei reparti detentivi.
I compiti prevedono non solo , come siamo abituati a pensare , la gestione delle
persone sottoposte a provvedimenti di restrizione o limitazione delle libertà personale,
ma anche espletano il servizio di traduzione dei detenuti e degli internati e il servizio di
piantonamento degli stessi in luoghi esterni di cura , attività di polizia stradale,
mantenimento dell’ordine pubblico , attività di polizia giudiziaria e pubblica sicurezza al
di fuori dell’ambiente penitenziario come tutte le altre Forze di Polizia attività di scorta
a tutela di personalità istituzionali e di magistrati e altro ancora.
Attualmente il Corpo della Polizia Penitenziaria vive una situazione di enorme criticità dovuta alla mancanza di personale e enorme difficoltà nella gestione dei detenuti
dovuta in particolare alla tipologia di utenza quale quella di alta sicurezza oltre che di
etnie e culture diverse dovuta al 35% di popolazione detenuta di altre nazioni ( per non
citare la cosiddetta parola extracomunitari) La polizia penitenziaria in particolare (come anche le altre forze dell’ordine ) sta attraversando un momento estremamente delicato e difficile all’interno degli istituti penitenziari in tutta Italia così pure nelle Regione Sicilia con ingenti danni alle strutture (Casa reclusione Ucciardone Di Bona PA –casa circondariale Cerulli di Trapani – casa circondariale Pagliarelli lo Russo PA) , soprattutto agli appartenenti il Corpo che rischiano la vita tutti i giorni , oramai è diventata consuetudine essere aggrediti dai detenuti senza alcun valido motivo si è diventati bersaglio di sfogo giornaliero.
Molte volte e soprattutto negli ultimi giorni si debbono subire affermazioni da parte di
testate giornalistiche che ledono l’immagine e la professionalità degli appartenenti al
Corpo di Polizia penitenziaria quando in questo momento storico quel Corpo ha bisogno
di supporto e di vicinanza da parte dei cittadini oltre che dalle istituzioni.
In carcere chi entra in qualità di ospite , nella maggior parte dei casi , lo deve a reati che
ha commesso nella vita sociale.

Chi indossa una divisa lo fa per servire lo Stato ed i suoi cittadini e lo fa in maniera encomiabile.
Quasi spesso il Corpo della Polizia Penitenziaria viene messo in seconda ( se non in terza
linea ) senza meritarlo e senza riconoscergli l’encomiabilità.
Ci definiscono come un Corpo “POVERO”, di secondo ordine, addirittura più di
qualcuno ci chiama ancora “SECONDINI” e “GUARDIE CARCERARIE”, tra poveri ci
si aiuta di più e la dimostrazione di cio’ che è accaduto in questi giorni ne è la prova
tangente. Anche le altre Forze dell’ordine che sono intervenute in ausilio si sono rese
conto di come senza uomini e mezzi siamo in grado di operare e la loro riconoscenza è
emersa in molti post nei social come molti hanno visualizzato. Siamo ancora figli di un
Dio minore, -conclude- ma abbiamo dimostrato e stiamo dimostrando come si opera all’interno degli istituti penitenziari con forza, spirito, legalità e tanta abnegazione”.

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