Una nota diffusa da Faib (Confesercenti), Fegica (Cisl), Figisc/Anisa (Confcommercio) e riportata dall’Ansa, ha annunciato la possibile chiusura degli impianti di rifornimento di benzina in seguito ai disagi patiti ed alle conseguenza dovute all’emergenza del coronavirus. Oltre alla conseguente riduzione degli spostamenti. Nella nota si legge: “Noi, da soli, non siamo più nelle condizioni di assicurare né il necessario livello di sicurezza sanitaria, né la sostenibilità economica del servizio. Di conseguenza gli impianti di rifornimento carburanti semplicemente cominceranno a chiudere”. La nota continua precisando che da mercoledì notte inizieranno a chiudere quelli della rete autostradale, compresi raccordi e tangenziali. E poi, via via, tutti gli altri anche lungo la viabilità ordinaria.
LE MOTIVAZIONI
Faib, Fegica e Figisc/Anisa hanno sottolineato:“Correremo il rischio dell’impopolarità e dei facili strali lanciati da comode poltrone. Ma davvero non abbiamo né voglia, né la forza per spiegare o convincere delle solari ragioni che ci sostengono. Chi volesse approfondire può chiedere conto a Governo, concessionari autostradali, compagnie petrolifere e retisti indipendenti, a ciascuno di essi compete fare per intero la propria parte se si vuole assicurare la distribuzione di benzina e gasolio”.
NESSUN SOSTEGNO
La nota continua affermando: “In un Paese che, malgrado i limiti strutturali e l’assoluta drammaticità della situazione, cerca e spesso trova il modo per far scattare meccanismi di solidarietà , c’è una categoria di persone, oltre 100.000 in tutta Italia, che, senza alcuna menzione, ha finora assicurato, senza alcun sostegno né di natura economica, né con attrezzatura sanitaria adeguata, il pubblico servizio essenziale di distribuzione di energia e carburanti per il trasporto di beni e persone”.
100.000 INVISIBILI
Le tre sigle che rappresentano i distributori di benzina nella nota hanno dichiarato congiuntamente: “100.000 persone hanno continuato a fare il loro lavoro (ridotto mediamente dell’85%) a rischio della propria incolumità . Mettendo in pericolo la propria salute, presidiando fisicamente il territorio. Rimanendo dove sono sempre state e dove ogni cittadino di questo Paese è abituato a trovarle ogni giorno, vale a dire in mezzo alla strada. E forse, proprio per questa ragione, queste 100.000 persone risultano essere letteralmente invisibili, presenza data per scontata, indegna persino di quella citazione che di questi tempi non si nega a nessuno. Noi non siamo certo eroi, né angeli custodi. Ma nessuno può pensare di continuare a trattarci da schiavi, né da martiri”.
IGNORATI DA TUTTI
La nota si conclude così: “Siamo persone con famiglie da proteggere, cittadini tra gli altri che sanno di dover assolvere ad una responsabilità di cui non si vogliono spogliare, a cui non può essere scaricato addosso l’intero carico che altri soggetti, con ben altri mezzi, disponibilità economiche e rendite, si ostinano ad ignorare”.
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