La Corte d’Assise presieduta da Sergio Gulotta ha ritenuto credibile la versione dell’imputato Antonino Siragusa circa l’omicidio dell’avvocato Enzo Fragalà. Scagionati Francesco Castronovo e Paolo Cocco.
I DETTAGLI
Il 23 febbraio di 10 anni fa, l’avvocato Enzo Fragalà fu massacrato a bastonate sotto il suo studio di via Turrisi, di fronte al palazzo di giustizia. Si trattò di un delitto di mafia. La prima sezione della Corte d’Assise ha accolto parzialmente la tesi della Procura. La ricostruzione esposta dal collaboratore di giustizia Francesco Chiarello non sarebbe quella corretta. La versione più convincente appare essere, per la Corte d’Assise, quella dell’imputato Antonino Siragusa, al quale però i pubblici ministeri non hanno mai creduto. Per il violento omicidio dell’avvocato Fragalà, erano sei gli imputati, tutti legati al clan di Porta Nuova. I giudici hanno inflitto 30 anni ad Antonino Abbate, 24 anni a Francesco Arcuri, 22 anni a Salvatore Ingrassia e 14 anni ad Antonino Siragusa. A quest’ultimo è riconosciuta l’attenuante prevista per i collaboratori di giustizia. Scagionati, invece, Paolo Cocco e Francesco Castronovo.
Gli imputati furono arrestati il 15 marzo 2017. Siragusa si è autoaccusato del delitto ai danni dell’avvocato. Avrebbe recuperato il bastone e telefonato allo studio di Fragalà per sapere l’orario d’uscita della vittima. Enzo Fragalà doveva essere punito perché avrebbe invitato i suoi clienti a collaborare con la giustizia. Il penalista non avrebbe dovuto essere ucciso ma solo avvertito.
LA FIGLIA DELLA VITTIMA CHIEDE GIUSITIZIA
Subito dopo la sentenza, ad intervenire è la figlia del penalista Enzo Fragalà, Marzia Fragalà che peraltro giurò come avvocato pochi giorni dopo la morte del padre con la sua toga. “Sulla matrice mafiosa dell’omicidio di mio padre non abbiamo mai avuto alcun dubbio, ciò che obiettivamente mi lascia l’amaro e che non capisco è come, di fronte ad un delitto del genere, non sia stato dato l’ergastolo. La mia è una cultura garantista, ma davvero non comprendo come possa cadere l’aggravante della crudeltà per un commando di mafiosi che massacra un uomo inerme senza lasciargli scampo. Ho il dovere, l’obbligo morale rispetto a mio padre e alla mia famiglia – prosegue – di lottare perché si arrivi alla verità, perché ci sia giustizia. I colpevoli devono pagare per ciò che hanno fatto. E non mi arrenderò”.
Ciò che appare chiaro è come l’iter giudiziario non è affatto concluso e come molti aspetti dell’omicidio di Enzo Fragalà devono ancora essere chiariti. “Aspettiamo le motivazioni – dice Marzia Fragalà – per capire quale sia la ricostruzione dei giudici”. Giudici che hanno creduto in buona parte alla versione di uno degli imputati, Antonino Siragusa, che ad un certo punto ha deciso di pentirsi, senza mai convincere però la Procura. E neanche la parte civile: “Ha fornito tante versioni diverse – sostiene ancora la figlia del penalista ucciso – arrivando anche a ricostruzioni davvero poco credibili che, messo alle strette, ha rivisto. Ha dato sempre l’impressione di cercare soprattutto degli sconti di pena. Noi invece vogliamo la verità”.
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