“No, non sono i calabresi che mi fanno incazzare, anche se la fretta di alcuni potremmo pagarla tutti se qualcosa non dovesse andare nel migliore dei modi. È lo Stato che mi provoca rabbia e sconforto, lo Stato che si gira dall’altra parte facendo finta di non capire la reale natura del nostro problema. E che in un gioco di finzioni ci lascia da soli a tentare di immaginare cosa potrà essere il nostro futuro”.
Riccardo Spinnato a Palermo è un nome che conta nel campo della caffetteria e della ristorazione, per qualità, tradizione e postazioni. Basti pensare che i suoi vessilli sono piantati a piazza Castelnuovo e in via Belmonte, la prima e più importante isola pedonale della città. Da generazioni è punto di riferimento di quel rito che nel capoluogo siciliano si estende dal caffè mattutino all’aperitivo pre cena, passando per calzone fritto o brioche col gelato, a seconda della stagione.
I suoi tavoli, specie in via Belmonte, hanno ascoltato trame di Governo o rivelazioni che si trasformano in scoop, perché politica e giornalismo è lì che fanno combriccola, anche prima che La Repubblica fissasse a pochi metri il suo accampamento.
COMBATTIMENTI E CONTRADDIZIONI
Oggi Spinnato, come molti, è chiuso nello spogliatoio, aspettando la convocazione dell’arbitro per riprendere a giocare. La partita fu sospesa il 12 marzo e come molti vive una contraddizione che pochi hanno il coraggio di rivelare. Da un lato c’è la frenetica attesa della ripartenza e del ritorno alla vita di imprenditore, dall’altro la consapevolezza che a queste condizioni il rischio del fallimento è ben più che un’ipotesi. Insomma, per i colleghi calabresi pronti a rialzare le saracinesche non prova invidia e neanche rabbia.
EDUCARE E NON INCATENARE
“In linea di principio non trovo sbagliato che si possano diversificare le ordinanze da regione a regione. Del resto se alcune porzioni di territorio sono state meno flagellate perché non provare? Sappiamo tutti – spiega Spinnato – che con il virus dovremo imparare a convivere, quindi in qualche modo bisognerà pure ricominciare. Ciò che è intollerabile è il tentativo di creare terrore facendo passare per criminale chi aspira ad un ritorno graduale alla normalità nelle condizioni di massima sicurezza. Ci spieghino come fare a ridurre vicino allo zero i rischi di contagio, educhino i cittadini invece di incatenarli. Ammesso che si trovi il vaccino e che si immunizzi tutta la popolazione passerà almeno un anno per essere tranquilli. Che si fa, stiamo tutti chiusi in casa? Meglio provare regione per regione, laddove se ne riscontrino le migliori condizioni, facendo rispettare le regole primarie. In fondo basta poco, un pizzico di attenzione e di rispetto per il prossimo”.
PROVVEDIMENTI SPOT
Pensare al futuro, tuttavia presenta molte incognite, a partire da quel sostegno che lo Stato sinora non ha saputo neanche ipotizzare. “Il problema non è la chiusura di qualche mese – afferma Riccardo Spinnato a Palermo Live – quanto il costo di una riorganizzazione aziendale che ciascuno sarà costretto a fare. Questa storia del virus non durerà solo un anno. E intanto il costo degli affitti resta immutato, le utenze lo stesso, la cassa integrazione è prevista per pochi mesi. La garantiscano per un anno, tanto per cominciare. E invece niente, neanche una legge di tutela sulle cause che potrebbero sorgere per insolvenza. Solo tanto polverone, provvedimenti spot, nessuna agevolazione che faccia pensare al futuro con minore timore”.
IO NON MI ARRENDO
In questo tempo sospeso, presente e futuro hanno la stessa faccia truccata di precarietà, l’unica prospettiva è quella del giorno dopo giorno. “Come molti abbiamo ridotto all’osso il personale, usiamo la cassa integrazione, ci siamo attrezzati con le consegne a domicilio. Altro non si può fare. E ammesso che si riapra prima di un mese, con quali regole? Si parla di distanziamento sociale, un metro o di più? Niente, non si sa niente. Le cose cambiano di molto se le distanze dovessero essere superiori al metro. Ma ad oggi non sappiamo neanche questo. Come posso oggi pensare al futuro? Certo che molti di noi non vogliono riaprire, non ci sono le condizioni minime di sopravvivenza, perché si dimentica che auspicando il ritorno alla vita di qualche mese fa si fa riferimento ad una situazione già segnata da crisi ed emergenze economiche. Fa male vedere che chi dovrebbe aiutarti, in questo momento catastrofico per l’economia mondiale, non va oltre il banale e inutile suggerimento di contrarre nuovi debiti. Io non mi arrendo solo per la passione che ho per il mio lavoro e che possono comprendere solo quelli che vivono come noi da anni in simbiosi con le loro botteghe. E anche per il senso di responsabilità che sentiamo nei confronti di chi lavora con noi e per le loro famiglie. Altrimenti, mi creda – conclude Spinnato – quella saracinesca, in quello che è considerato il salotto della Palermo bene resterebbe chiusa per sempre”.
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