La storia è datata ma forse per gli appassionati di calcio più giovani, potrebbe risultare assolutamente inedita e da raccontare.
IL “CALCIATORE” PIU’ FURBO DI TUTTI I TEMPI
Lui è uno che in più di 20 anni da calciatore professionista ha indossato molte maglie, firmato ricchi contratti, ma il campo non l’ha quasi mai visto, perchè lui per primo sapeva che a calcio non sapeva giocare. Lui si chiama Carlos Enrique Raposo classe 1963, ed è brasiliano. Nell’ambiente era soprannominato il Kaiser per una presunta somiglianza fisica alla stella tedesca di quel periodo Franz Beckenbauer. Raposo che in portoghese significa volpe, furbissimo lo è stato di certo. Il kaiser compiaciuto ha raccontato divertito vari aneddoti di quel periodo. Uno era certamente questo: “Le squadre che mi hanno ingaggiato hanno festeggiato due volte, quando sono arrivato e soprattutto quando me ne sono andato via.”
L’ INGANNO PERFETTO
L’inganno con cui Raposo per 20 anni è riuscito a strappare contratti e fingersi calciatore professionista, accedendo così a una vita ricca e dorata era semplicissimo. Era l’amicizia con alcuni dei più celebri calciatori del suo periodo. Da Renato Portaluppi a Bebeto, Romario, passando per Careca, Edmundo e altri ancora. Piú o meno funzionava cosí: se un calciatore amico del Raposo veniva ingaggiato da un top club brasiliano, questi chiedeva al club in questione come condizione per accettare che anche Raposo, che anche il Kaiser venisse acquistato. Amici, calciatori e giornalisti compiacenti creavano e certificavano la sua credibilità ed il gioco era sostanzialmente fatto. Poi in campo il segreto per non svelare il bluff era un’altro. Quando dalla parte atletica dell’allenamento si passava a quella tecnica con palla, immancabilmente arrivava “ l’infortunio” muscolare. Senza risonanza magnetica e le indagini strumentali di oggi, valeva di piú la parola del calciatore che quella del medico, e cosi il Kaiser guadagnava tempo e custodiva l’inganno.
IL COMPAGNO PERFETTO DI OGNI CALCIATORE
Ma c’era di piú. Raposo per i compagni era l’amico, il complice, il compagno perfetto, per questo era ben voluto e spalleggiato contro i dirigenti che presto avrebbero voluto cacciarlo via. il Kaiser era “ il problem solving” dello spogliatoio, copriva le magagne dei compagni piú celebri e loro per questo lo adoravano. Se c’era chi aveva bisogno di essere coperto per andare con altre donne e non farlo capire alle mogli o fidanzate ci pensava il Kaiser. Se qualcuno faceva le ore piccole o esagerava con l’alcol a coprirlo ci pensava il Kaiser. Quindi anche per questa preziosa disponibilità godeva di una importante rete di protezione da parte dei suoi stessi compagni. Questa storia, questa “ carriera” è andata avanti per 20 anni dai ’70 ai ’90. Il kaiser ha strappato ingaggi brevi ma onerosi in Brasile, Messico e anche Europa, all’ Ajaccio. Relativo all’esperienza in Corsica raccontó questo episodio.
QUANDO AD AJACCIO E POI AL BANGU A RIO …
“Era il 1986 arrivato lí mi catapultarono in uno stadio che, sebbene piccolo, era pieno di tifosi come se si dovesse disputate una partita. Pensai che avrei dovuto solo fare una corsetta e salutarli. In campo c’erano dei palloni ed ho capito che avrei dovuto palleggiare. Sono diventato nervoso, temevo che dal mio primo allenamento avrebbero capito che non sapevo giocare. Ho iniziato a raccogliere tutti i palloni e a lanciarli ai tifosi salutando e mandando baci. La folla era impazzita. Alla fine quando sul campo non c’erano più palloni e mi tranquillizai”. Di certo non era un calciatore ma era molto furbo Carlos Enrique Raposo, diversamente il suo bluff non sarebbe durato tanto. Il culmine della furbizia lo dimostró quando era calciatore del Bangu. “ Un giorno il presidente stanco di non avermi mai visto all’opera, pretese a tutti i costi che giocassi. Non sapevo cosa fare. Durante il riscaldamento, un gruppo di tifosi m’insultò per i capelli lunghi. Colsi l’occasione, scavalcai e scatenai una rissa. Così venni espulso ancora prima di entrare. Ma negli spogliatoi arrivò il presidente furioso. Prima che potesse esplodere, gli dissi: “Presidente, Dio mi ha dato due padri: il primo l’ho perso, il secondo è lei. Quando ho sentito i tifosi insultarla, non ho capito più niente. Fra una settimana me ne vado, non si preoccupi”. Mi abbracciò e prolungò il contratto di 6 mesi”.
Anni dopo gli fu chiesto se si fosse mai pentito di aver raggirato cosi tanti club. La sua risposta in sintesi fu questa: “Pentito io no mai, in fondo i club illudono molti calciatori, e spesso e volentieri prendono in giro anche i tifosi. Quindi qualcuno doveva vendicarli.