Le dimissioni di Tony Di Piazza sono arrivate per molti tifosi come un fulmine a ciel sereno. Il comunicato, pubblicato sulla sua bacheca facebook, lascia spazio a pochi interrogativi sulle motivazioni che hanno spinto l’ex numero due dell’ssd Palermo ad alzarsi dalla poltrona di vice presidente: non si sentiva abbastanza partecipe del progetto.
Un progetto del quale era sì socio di minoranza, ma che aveva avuto, prima dell’aggiudicazione del bando da parte della Hera Hora, premesse diverse rispetto a ciò che poi si è realmente concretizzato. Le sue intenzioni erano quelle di internazionalizzare il brand rosanero, portando il Palermo soprattutto negli States e nel mondo. Dopo aver “scucito” il 25% dell’intero impegno, ovvero un milione e mezzo di euro dei sei totali, Tony Di Piazza è stato messo da parte.
TROPPO SOCIAL
La spontaneità e la sua disponibilità sui social davano a quanto pare fastidio. Ecco il motivo per cui, probabilmente, alcune scelte societarie, anche di una certa rilevanza, gli venivano taciute. Come per esempio, per andare a tempi piuttosto recenti, la decisione di non rinnovare il contratto al tecnico Rosario Pergolizzi, di cui Tony Di Piazza è venuto a conoscenza non direttamente da Mirri e Sagramola ma attraverso altre fonti a comunicazione già avvenuta. Ma le ruggini hanno origini piuttosto lontane. Come il mancato invito a Paparesta, uomo di Di Piazza, alla presentazione a Palazzo delle Aquile delle divise ufficiali. Evento che avvenne a novembre scorso, qualche giorno prima dell’arrivo in città dell’italo americano.
Esclusioni e decisioni prese senza il suo avallo che, comprensibilmente, Tony Di Piazza non ha digerito. Anche in virtù del fatto che in questi mesi non si è più fatta parola, in seno alla società, di tutto ciò che lo aveva spinto a farsi avanti, ovvero l’avvicinamento, seppur graduale, agli States, in cui vivono migliaia di palermitani e di italiani.
UN PATTO CON LA CITTA’
Resta l’impegno economico preso, anche se da consigliere. Un patto, fatto soprattutto con la città di Palermo, da cui Tony Di Piazza non vuole assolutamente sottrarsi. L’ex vice presidente dovrà ancora versare, nei prossimi due anni, il restante 75% delle quote comprate, pari ad altri 4,5 milioni di euro. La stessa cosa vale per la Damir, che unitamente a Dario Mirri, a fronte del suo 60% ha invece versato nelle casse della società 2 milioni e 250 mila euro. Mirri nei prossimi due anni ricapitalizzerà il Palermo con la restante parte, ovvero 6 milioni e 750 mila euro.
I BONUS DELLA DISCORDIA
Oggetti di contesa, nelle ultime settimane, sono stati i bonus ipotizzati ad inizio del girone di ritorno con i giocatori. Bisogna premettere che il Palermo, al contrario della quasi totalità delle altre società, anche professionistiche, ha onorato tutti gli impegni economici presi con i giocatori. Tutti, o quasi tutti, i club di serie A, di B e di C, per via della crisi portata dal coronavirus, hanno concordato con i propri tesserati delle riduzioni percentuali sugli stipendi oltre che l’eliminazione dei premi.
Considerato ciò, Tony Di Piazza avrebbe voluto discutere la questione bonus promozione in seno alla società. Nell’ultimo Consiglio di Amministrazione l’argomento non ha ottenuto l’attenzione che Di Piazza si aspettava. La goccia che ha fatto traboccare il vaso, quel colpo di grazia andato a segno, “sparato” ad un difficile e fragile rapporto, che è andato avanti in questi mesi solo per ragioni di facciata e per evitare contraccolpi dannosi all’ambiente rosanero e alla squadra che era lanciatissima verso la conquista della promozione tra i professionisti.
IL 40% IN VENDITA: CONTATTI GIA’ AVVIATI
Le dimissioni di Di Piazza aprono una voragine, adesso, in seno alla società. L’italo americano, ormai innamorato della piazza palermitana, anche grazie alle manifestazioni d’affetto ricevute su quei social poco graditi al suo socio, resta consigliere e socio del Palermo, ma ha già avviato contatti per la vendita delle sue quote. In queste ore qualcuno si è già fatto avanti, ma i nomi restano ancora top secret. La prelazione andrà, naturalmente, di diritto a Mirri che, davanti ad una proposta di acquisto, ha 30 giorni di tempo per presentare un’offerta che sia almeno di pari valore. Se tale prelazione non dovesse concretizzarsi, alla scadenza del tempo, il 40% di Tony Di Piazza sarà libero di passare ad altre mani.
Per tale ragione, si auspica una soluzione del problema in tempi brevi. La più veloce e forse la meno rischiosa sarebbe l’acquisizione immediata da parte della Damir delle quote detenute dall’imprenditore statunitense. In tal modo si cancellerebbe, innanzitutto, la spaccatura che al momento esiste in seno alla società e si eviterebbero ingressi di altri soci. A beneficio di equilibrio, progetti e intenti, che non sarebbero semplicissimi e immediati davanti ad una rischiosa rivoluzione societaria.
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