Il Palermo guarda al futuro e prova a progettare il domani, ma il recente passato continua a avere il suo peso. Non è soltanto il caso della convenzione per l’uso dello stadio Barbera, ma anche il mercato, che di suo vive già di suggestioni e di sogni, di cui si nutrono alcuni tifosi. Per i primi veri colpi bisognerà aspettare la fine di una stagione allungata a dismisura dagli effetti della pandemia, ma il vuoto provocato dal lungo stop imposto al Palermo sta lasciando spazio a illusioni farcite di nostalgia. Certo, meglio quelle che le diatribe societarie o le incertezze sull’utilizzo del Barbera.
Molti vorrebbero rivedere nel nuovo Palermo alcuni dei protagonisti di quelle pagine che fanno ormai parte della storia rosanero. Come se il tempo non fosse passato e per quelli si fosse cristallizzato in un presente intramontabile. E’ un sentimento e un atteggiamento comprensibile: nei primi dieci anni di gestione zampariniana, i tifosi rosanero hanno vissuto gli anni più fulgidi della storia del club: il Palermo ha toccato i vertici del calcio italiano, ha giocato da pari a pari con le “grandi”, spesso surclassandole.
Dal Barbera sono passati calciatori fortissimi, qualche campione di valore indiscusso e persino campioni del mondo. Molti hanno lasciato un gran bel ricordo, per le loro qualità tecniche, per l’impegno offerto in campo e per il legame che hanno saputo instaurare con la tifoseria. Qualcuno vorrebbe rivederli in rosanero, immaginandoli protagonisti del presente come lo furono nel passato.
IN PRINCIPIO FU BARRETO
Ogni giorno arriva una nuova suggestione; giochino divertente, ma poco utile, anzi del tutto inutile. In principio fu Edgar Barreto; il centrocampista paraguaiano ha concluso la sua esperienza con la Sampdoria e già c’era chi lo voleva di nuovo in rosanero. Eppure, l’addio da Palermo della famiglia Barreto non è stato proprio idilliaco: la moglie del calciatore si tolse qualche sassolino dalla scarpa nei confronti dei tifosi. Ma il tempo è galantuomo e cancella le incomprensioni. Non riporta mai indietro e lancette dell’orologio, però; né i fogli del calendario. E per i calciatori quello che si guadagna in esperienza si perde irrimediabilmente in efficienza fisica che, in un campionato come la Serie C vale più della tecnica. Però, qualcuno sembra non rendersene conto.
Ed ecco che, dopo Barreto, è stata la volta di Kyle Lafferty. Il nordirlandese a Palermo era una sentenza, per la sua puntualità nell’appuntamento col gol; nel Palermo della promozione da record dalla B alla A, con Iachini in panca, Vazquez, Belotti, Dybala in campo, il sosia di Dylan Dog è stato forse il giocatore più efficace. E’ bastata, anche nel suo caso, la rescissione dal suo club, in Inghilterra, per dare fiato alle trombe dei nostalgici. Ma i numeri registrati in rosanero, il lungagnone attaccante, tanto generoso in campo quanto estroso fuori (qualche grattacapo lo ebbe col ct della sua Nazionale) non li ha mai più ripetuti. Lafferty a Palermo verrebbe di corsa, ma il dubbio che possa dare un contributo alla causa è più che lecito.
Ieri è stata la volta di Amauri, forse l’attaccante più forte e completo che abbiamo ammirato al Barbera. Il brasiliano si è detto commosso dall’affetto dei tifosi palermitani che potrebbero spingerlo a tornare a allenarsi per vestire di nuovo i colori della sua consacrazione a alto livello. Ma ha 40 anni, non gioca da più di due, dopo l’esperienza nella Nasl statunitense. Basta questo per chiudere il discorso.
FRA CAMPO E PANCHINA
Dal campo alla panchina, ci sono poi i nostalgici degli allenatori eretti a monumento, da Guidolin a Delio Rossi. Monumenti, appunti, di giorni di gloria passati, che hanno già vissuto il tempo migliore della loro storia calcistica. Del resto, da questo punto di vista, il nuovo Palermo ha già dato: Santana è il tratto comune tra gli anni “d’oro” e la nuova stagione. A 38 anni, ha dato in campo quel che ha potuto, poi il fisico gli ha chiesto il conto, col grave infortunio e i lunghissimi tempi di recupero. Il suo ruolo è stato importante, ma più come “chioccia” per i tanti giovani, per gli under, e come uomo spogliatoio, come leader morale.
La nostalgia è legittima, quando ha il sapore della gratitudine, ma non può orientare una campagna acquisti. Per sua natura, è legata al passato, che raramente, quasi mai, si ripropone uguale a sé stesso.
Meglio lasciarlo là, dov’é, ripescandolo ogni tanto, magari per ricordare quanto eravamo belli; al limite come paragone per progettare come vorremmo tornare a essere. Ecco perché, per quanto divertente, come dicevamo, il giochino è inutile. Bisogna guardare avanti, come sta facendo la società, cercando giocatori giovani e di prospettiva, ma anche elementi di esperienza nel pieno, però, dell’efficienza fisica. Quel che ci vuole in un campionato difficile come la Serie C, dove chi vive di sogni e suggestioni può subire un risveglio davvero brusco.
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