Unione e appartenenza: senza fatti concreti sono solo due belle parole

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C’è stato un tempo non molto lontano in cui le ragioni di uno contrastavano con le ragioni dell’altro. La mancanza di unità di intenti portò a vivere vicissitudini inenarrabili culminate con un fallimento. Quell’epoca di zampariniana memoria contrapponeva la fazione di chi si crogiolava nei successi passati con chi vedeva, non a torto, l’inizio di un declino inarrestabile. Venne però il giorno della rinascita.

Come gli apostoli vedevano il Messia così i tifosi vedevano nella nuova proprietà del titolo sportivo della città di Palermo coloro i quali potevano essere artefici della resurrezione. È passata una stagione e tre partite e il rumore della deflagrazione si ode non più come un sibilo ma come un assordante boato. È la risultante di una serie di componenti che hanno origine in un’onda lunga.

Dapprima qualche mugugno per alcune risposte non date ad alcune domande che tendevano a capire se ci fosse un progetto e soprattutto se ci fossero le risorse per realizzarlo. Successivamente le prime critiche per un immobilismo decisionale giustificato in parte per l’anomalia di questo periodo decisamente nefasto a causa della pandemia con cui ancora combattiamo. Infine lo sconforto davanti ad una evidenza di una stagione iniziata male e dall’epilogo incerto.

Palermo è una piazza esigente. Lo è da sempre e lo è diventata ancor di più perché recentemente si è seduta a tavoli che in passato poteva solo immaginare. Lo sapeva bene chi coraggiosamente ha avuto l’ardire di proporsi per evitare la morte calcistica della città ma non poteva certo immaginare che quella unione idilliaca da lì a poco sarebbe scricchiolata.

LE OPINIONI DEI TIFOSI

I social media sono al giorno d’oggi la cassa di risonanza per le più disparate opinioni. Analizzare i post degli utenti è un esercizio fin troppo facile per potere avere uno strumento del gradimento popolare. Ciò che è evidente è come esistano da tempo due correnti di pensiero, due fronti che fino a poco tempo fa si equivalevano ma che adesso cominciano ad avere uno sbilanciamento in favore di quello dei critici di questa società.

Tanti che fino a ieri ancora si schieravano tra gli inguaribili ottimisti sono pronti ad arruolarsi nell’esercito degli scontenti. A nulla serve la difesa ad oltranza di quella che ormai è una minoranza di difensori se non ad amplificare un malessere non più velato. Mai come adesso che ogni tirannide è lontana per epoca e cultura dal nostro modo di pensare il detto “divide et impera” risulta anacronistico.

Nessuno, sia chiaro, vuole remare contro ma ogni tifoso per l’amore che ha per la maglia rosanero ha diritto a quella chiarezza invocata da tempo e tanto decantata nei valori della appartenenza, emblema di questa gestione. È tempo di risposte chiare e sincere. L’unione a parole è solo un eufemismo se non seguita da fatti e la disgregazione in questo momento può avere solamente effetti devastanti.


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