Vedere il Palermo ultimo in classifica, in Serie C, fa un certo effetto. Deleterio sullo stato d’animo dei tifosi. Lo stesso del gioco espresso dagli uomini di Boscaglia. Uomini, non squadra, perché ancora questo Palermo tutto sembra, tranne che una squadra. Nel senso di un gruppo che, come una orchestra, sia chiamato a eseguire uno spartito dettato da un “compositore”. Ora, tutta questa metafora serve a introdurre un discorso che, a poco a poco, è partito tra i tifosi: nemmeno Boscaglia si salva dal “processo” imbastito per trovare un “colpevole” per la situazione in cui si trova il Palermo.
Il tecnico gelese è stato accolto come il vero valore aggiunto dell’ultimo calcio mercato: un vincente, nella categoria, una garanzia di risultati e di bel gioco, offensivo. Quello che, in sostanza, era mancato alla squadra che, pure, l’anno scorso aveva vinto il campionato di Serie D. Il nome di Boscaglia era garanzia, di fronte alla campagna “acquisti” della società. Le virgolette sono state usate perché di acquisti ce ne sono stati pochi e niente per portare i nuovi giocatori in organico. Diciamo che Boscaglia è diventato un biglietto da visita, ma anche un elemento di “distrazione di massa”, rispetto a scelte che non hanno scaldato i cuori.
E, ora, quel credito è diventato un boomerang per lo stesso tecnico e per la società. Se il nome dell’allenatore doveva essere la coperta sotto la quale nascondere i limiti dell’organico, ebbene quella coperta si sta mostrando corta. Cortissima. Certamente, hanno inciso e continuano a incidere le conseguenze di una preparazione frazionata, su un campo di gioco non adeguato perché troppo piccolo, con elementi arrivati a ridosso dell’inizio del campionato e altri a torneo già cominciato, con una condizione approssimativa, senza la necessaria intesa coi compagni e con gli schemi.
LA PRETATTICA DI BOSCAGLIA
A ciò si sono aggiunti gli infortuni di elementi che dovrebbe ricoprire ruoli chiave, in difesa e a centrocampo. Tutto questo è costato sconfitte e punti. Le scelte dell’ex “mister” di Trapani, Brescia e Entella convincono sempre di meno. Così come talune affermazioni. Boscaglia conosce meglio di ogni altro stato di forma e potenzialità dei suoi giocatori, ha accettato l’organico che gli è stato affidato, anche se ha palesemente dovuto “accontentarsi” e, seppure a mezze parole lo ha detto e ribadito.
Miracoli non può farne neppure lui, ma alcune decisioni si fa fatica a capirle. Sia nella scelta degli uomini dell’undici iniziale che nei cambi a gara in corso. La pretattica non ha funzionato, nonostante i teloni usati per nascondere gli allenamenti nel campo di Carini, difesi a spada tratta di fronte alle obiezioni dei giornalisti, chiamati a fare fronte unico con tecnico e società, come se dovessero scrivere per fede calcistica e non per raccontare fatti ai lettori.
Così, dopo aver detto, alla vigilia che avrebbe schierato la difesa a tre (“non siamo ancora pronti per giocare a quattro dietro”, aveva detto in conferenza pre-Bisceglie), ecco il cambio di idea, coi quattro davanti a Pelagotti; davanti, Boscaglia ha insistito con la linea verde, con Lucca e Rauti, due giovanissimi esordienti in C e nel calcio professionistico, chiamati a battagliare con difese chiuse e combattive e, soprattutto, con pochissimi palloni utili a sfruttare le loro potenzialità che, si dice, siano elevate, ma ancora del tutto inespresse. Ribadiamo, non per colpa esclusivamente loro.
Scelte dettate anche dalla necessità, viste le prestazioni di elementi esperti, come Saraniti e lo stesso Floriano, o decisamente stagionati come Santana che, quando chiamati non hanno fatto certamente meglio dei due ragazzi ex Torino. Ma perché non dare una chance a Silipo che, tecnicamente, sembrerebbe avere una marcia in più? Va detto che il ragazzo, una volta entrato, ieri non è che abbia brillato. Ma non è nemmeno stato aiutato dai binari in cui si erano incanalati risultati e prestazione dei compagni. Ma il nodo non è neppure l’attacco, a ben riflettere.
MEDIANA DA RIVEDERE
Il reparto più in sofferenza sembra il centrocampo. La mediana, dove oltre al lavoro di copertura, si dovrebbe costruire il gioco e sfornare palloni da mettere a disposizione delle punte, fino a ora non ha fatto a pieno il suo dovere. Ci sono elementi in grado di garantire quantità, forza, agonismo, in prospettiva, quando le condizioni di forma si avvicineranno all’ottimale, ma quello che manca è il “fosforo”. In una squadra, se manca un metronomo, uno a dettare passaggi, a calamitare i palloni, a dettare i tempi e, se necessario, a dare la sveglia a qualche compagno, non si va da nessuna parte.
MARTIN FISSO IN PANCHINA
Senza Palazzi, subito infortunatosi, non si è capito perché Boscaglia abbia lasciato in panchina Martin, l’unico che, in teoria, avrebbe queste caratteristiche, per affidare il ruolo di “faro” a Odjer. All’ex Trapani non manca certamente la voglia, ma ieri si è capito chiaramente che quei compiti lì non sono cosa sua. Ecco, questa è la scelta che si è capita di meno, tra quelle di Boscaglia. Se non gioca neppure quando servirebbe, a che serve in questa squadra Martin? Perché è stato riconfermato? Scelta low cost o convinto investimento tecnico?
Il francese non è un fulmine di guerra, conosciamo i suoi pregi e i suoi difetti, compresa una certa lentezza e una tendenza a perdere tanti palloni a centrocampo. Ma è l’unico a avere certe caratteristiche di impostazione che a questo gruppo servono come il pane. Dovrebbe essere il servente degli artiglieri. E, invece, aspetta il suo turno in panchina. Magari, l’allenatore gli darà una chance la prossima partita, in casa, con la Turris.
Quando tempo per esperimenti non ce ne sarà già più, quando le idee dovranno essere necessariamente più chiare, in campo e fuori. Perché è pur vero che dopo quattro partite la classifica lascia il tempo che trova, ma vedere il Palermo fanalino di coda con un solo punto, quando avrebbe dovuto lottare per i primi posti, pur con tutte le attenuanti di questo mondo, non può lasciare soddisfatto alcuno, dal presidente all’amministratore delegato, a allenatore e giocatori e, tantomeno i tifosi, passati dalla delusione alla rabbia e alla frustrazione.
Boscaglia non è naturalmente in discussione e non è discutibile. Ma la squadra deve cominciare a mostrare ben più di quanto visto fino a oggi. A prescindere dal risultato. attaccarsi alle condizioni del campo di gioco, come ha fatto ieri l’allenatore, è una scappatoia che non ha convinto nessuno. Perché, se con Pergolizzi si obiettava che c’era modo e modo di vincere, adesso tocca ricordare che c’è modo e modo di perdere o pareggiare.
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