Era la fine dell’estate del 2019 quando cominciarono a chiudere i Palermo Football Store, negozi nel quale il proprietario Santino Spuria aveva investito molto per realizzare tre piccoli centri specializzati nella vendita dei prodotti ufficiali rosanero. Con l’ingresso in società di Dario Mirri e Tony Di Piazza, l’imprenditore ha dovuto cambiare il format della propria attività , mantenendo soltanto in vita un negozio in via Maqueda, non avendo raggiunto un accordo con la nuova proprietà .
Nel corso della chiacchierata del presidente Mirri con gli Amici Rosanero, chiamato in ballo da una risposta, il numero uno rosanero ha lanciato ombre sul lavoro svolto dallo Spuria. In esclusiva Michele Sardo, direttore di PalermoLive e RosaneroLive, ha intervistato l’imprenditore palermitano che ha voluto replicare al presidente e dire la sua su come andarono realmente le cose.
“Quando è arrivato Mirri, noi non li abbiamo mai contattati – spiega Santino Spuria -. Mentre ero in vacanza ricevo una chiamata dal direttore marketing del Palermo, il quale mi ha invitato per parlare con me e conoscermi. Quando sono andato nella sede Damir abbiamo parlato di tante cose di lavoro. Il dottore Sagramola mi ha chiesto di dare loro una mano, vista la mia esperienza, sulla registrazione del marchio e del logo. Sembrava esserci una buona armonia. Nel corso dell’incontro mi hanno presentato il presidente che mi incoraggiò dicendomi di stare tranquillo e che avremmo potuto vendere il merchandising di Robe di Kappa“.
LA DIFFIDA
“Poi sono andato via e ho ricevuto un messaggio da Mirri – continua Spuria – dove c’era scritto che io potevo essere una risorsa per il Palermo calcio e che a settembre si sarebbe fatto sentire. Invece a settembre si è fatto sentire con una diffida. Nella stessa veniva detto che non dovevamo trattare i suoi prodotti perché i Palermo Football Store facevano confusione con loro”.
“Io alla diffida non rispondo con il mio legale. L’ho chiamato direttamente – racconta l’imprenditore -, e lui mi ha risposto di rivolgermi agli avvocati. Ognuno è libero di scegliere di gestire negozi con chi vuole. La cosa strana non fu questa, ma fu boicottarci, dicendo a Robe di Kappa di non spedirci la merce”.
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