Nelle rotazioni vorticose dei titolari, gli uomini partiti dal primo minuto, che assenze e scelte tecniche e tattiche di Filippi hanno contrassegnato queste prime quattro partite di campionato, il reparto più “stabile”, meno toccato dai cambi, è stato il centrocampo. Non facciamo conto della Coppa Italia, dove il tecnico di Partinico ha non soltanto mischiato le carte, ma cambiato proprio mazzo.
Eppure, al netto delle palesi difficoltà della difesa, che sono andate ben oltre i 4 gol subiti, e quelle di un attacco che fatica a trovare assetto definitivo e gol su azione, è proprio il reparto centrale che convince poco.
Filippi ha insistito nello schieramento a quattro, con l’intoccabile De Rose, uomo simbolo e vero leader della squadra, un guerriero che lotta, catalizza e smista palloni per 90 minuti, con l’altrettanto intoccato Almici, sul cui rendimento sotto tono si è occupato il nostro Marco Apprendi, con la piacevole sorpresa di Giron, che nonostante le buone prove è rimasto il vice Valente: col rientro dell’ex Carrarese, il francese è tornato in panchina, con il Catanzaro, perché nello schema fisso di Filippi, è considerato un doppione, lì a sinistra.
E poi c’è Luperini. Il mistero Luperini. Nell’ultima partita, contro il Catanzaro, Filippi ha provato a schierarlo come trequartista e l’esperimento non è del tutto riuscito, molto meglio Dall’Oglio in quel ruolo. In ogni caso, benché il 27enne toscano in queste prime partite abbia conquistato la sufficienza in tre occasioni, naufragando con il resto della squadra a Taranto, è sempre mancata quella scintilla, quell’inserimento in area che è un po’ il suo marchio di fabbrica, che lo rende letale e che in queste gare sarebbe servito come il pane a un Palermo che fa pochi gol su azione. Lo scorso campionato Luperini segnò cinque reti, quest’anno una, in Coppa al Picerno.
È un problema di collocazione tattica? Usato al fianco di De Rose, da “mediano” o da trequartista, insomma con compiti ben precisi, Luperini pare sacrificato per quelle che sono le sue caratteristiche e il gioco del Palermo ne ha risentito. Il centrocampo aiuta pochissimo la difesa, che oltre ai suoi limiti non beneficia di un filtro adeguato sulla mediana, e anche nella costruzione del gioco una certa inconcludenza è palese. Ma al di là del rendimento dei singoli, i dubbi sono tattici e, se due indizi fanno una prova, la gara di Coppa Italia col Monopoli e il secondo tempo col Catanzaro, hanno dimostrato che, almeno per ora, l’inserimento di Moses Odjer garantisce un maggior dinamismo e una migliore copertura del reparto difensivo; insomma un migliore equilibrio tattico.
Contro il Monopoli, Odjer ha giocato a lungo proprio davanti alla difesa, come vertice basso di un rombo dove dell’Oglio occupava quello avanzato, mentre con il suo ingresso in campo, domenica, il Palermo ha palesemente cambiato marcia nella ripresa, dopo un primo tempo nel quale il Catanzaro aveva dominato, trovando spazi enormi in un centrocampo rosanero incapace di trovare contromisure.
Con il ghanese a mordere i polpacci dei centrocampisti avversari, lungo tutto l’asse nevralgico del rettangolo di gioco, liberando o alleggerendo di parte di questo compito De Rose, l’ex Reggina può meglio dedicarsi al compito di metronomo, di regista arretrato, mentre Dall’Oglio può agire dietro le punte, o insieme a una mezza punta e a un attaccante, con Valente e Almici o, in attesa che quest’ultimo si ritrovi, con Giron e Valente, a spingere sulle fasce.
Assisteremo a novità di formazione, contro il Monterosi, con il rientro di Accardi in una difesa che troverà un assetto che dovrebbe essere quello definitivo, con Lancini centrale e Perrotta a sinistra, o il più vicino a quello immaginato a inizio stagione, ma anche in un attacco per il quale Filippi non ha mostrato di aver scelto una soluzione stabile, tra una o due punte, ma anche tra Brunori, Soleri e Fella. Ma è il centrocampo, dove è più necessario apportare modifiche importanti, che riguardano gli uomini per le loro caratteristiche tattiche, più che per le rispettive qualità tecniche e agonistiche.
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