Sembrerebbe una inezia, soprattutto per chi non segue il calcio: una lettera si stacca dalla scritta sulla facciata dello stadio comunale, la R di Renzo Barbera, al quale l’impianto è intitolato. E, invece, è l’ennesima dimostrazione della sciatteria, della trascuratezza, dell’incapacità dell’amministrazione a curare, a tenere in ordine i suoi beni: inefficiente nelle grandi e nelle piccole cose. Che vanno in rovina, pezzo dopo pezzo, nell’indifferenza, nell’inerzia di chi dovrebbe provvedere e non provvede. Una lettera, che importa?
Sono passati quasi tre mesi dal distacco di quella R, era il 25 agosto e sotto non passava nessuno. Da allora è rimasta sfregiata la facciata dello stadio e la memoria di Renzo Barbera, il cui nome è rimasto mutilato da allora, lì, su quel frontone. È una sorta di prassi, a Palermo, che il disfacimento dovuto all’usura del tempo, alle intemperie, ai raid vandalici, a mille altri motivi, sia acuito dalla assenza di interventi di manutenzione ordinaria o di riparazione; poi intervenire costa troppo e conviene lasciare perdere, perché soldi non ce ne sono.
Capitò così, in fondo, con il palazzetto dello sport, uno scandalo vergognoso ascrivibile a due amministrazioni, quella di Cammarata e quella di Orlando; capitò con il diamante del baseball, con il velodromo e in una marea di altri casi troppo numerosi da elencare e da ricordare. Ci penserà il club, un privato, perché il Comune non è stato in grado di farlo. E gli chiedevano di amministrare una città, nientemeno.
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