Probabilmente, era inevitabile. Cambia l’allenatore del Palermo. Addio e grazie a Giacomo Filippi e ben tornato a Silvio Baldini. Un esonero tanto più doloroso perché arriva alla vigilia di Natale. Ma il calcio non può permettersi di essere sentimentale.
Il cambio di allenatore era richiesto a gran voce dai tifosi e persino da tanta parte della stampa specializzata palermitana. Troppo brutto, il Palermo degli ultimi tempi per continuare con la stessa guida tecnica. Brutto e perdente, addirittura. Perché, diciamolo, bello, il Palermo, quest’anno non lo è stato quasi mai. Ma almeno faceva risultati e punti, anche se quasi soltanto in casa. E, per usare un luogo comune, nel calcio, quando le cose vanno male, a pagare è sempre l’allenatore. Poco importa quanto fatto finora; lo sport vive di presente, di risultati e, se questi non arrivano, non si può vivere di rendita né di gratitudine.
Neppure questa società, che pure voleva evitare di ripetere lo stile zampariniano degli esoneri, ha potuto evitare la rivoluzione: in tre anni, sono già due gli esoneri, prima Boscaglia e ora Filippi. Quando succede, anche i dirigenti devono interrogarsi sugli errori fatti in sede di programmazione e di campagna acquisti. Ma raramente a salutare sono quei dirigenti che hanno scelto i giocatori, che hanno costruito la rosa, sopravvalutandone qualità e potenzialità. Non è soltanto questione di risorse disponibili, ma di competenze, di intuito, di occhio. E, come l’anno scorso, anche in questa stagione gli errori sono stati commessi.
E, allora, morto il re, viva il re. Chi sia il nuovo allenatore, molti dei tifosi palermitani lo sanno, chi ha meno di venti anni e non ha vissuto la stagione dello storico ritorno in Serie A, no. Ma il punto è un altro. Basterà il cambio di allenatore per dare la svolta al campionato del Palermo? Riuscirà Baldini a salvare questa squadra dal declino verso posizioni di classifica mediocri come nella stagione scorsa che gli ultimi risultati sembrano avere avviato e che, comunque, sono costati il posto a Filippi? C’è da dubitarne. Perché i limiti di questo gruppo sono evidenti, ben oltre la posizione raggiunta dopo la prima giornata di ritorno, ovvero il quinto posto, che era stato addirittura il secondo, con quattro punti di distacco dalla capolista. Era il 20 novembre, la sedicesima giornata; è passato soltanto un mese, quattro giornate ed è cambiato tutto.
Questo organico è lacunoso, qualitativamente e per quantità, ma anche per personalità e persino per disciplina: troppe dieci espulsioni in metà campionato. Sono segnali di mancanza di serenità, specialmente le ultime quattro, oltre che di insufficienze tecniche che si prova a sostituire con le maniere forti. E di fragilità, tenuto conto del rendimento deficitario in trasferta, dove il Palermo ha vinto soltanto in casa della Vibonese ultima e della Fidelis Andria terz’ultima, pareggiando poi in casa del Messina penultimo e del Monterosi neopromosso.
Tanti i giocatori che non stanno rendendo secondo le attese, inutile fare i nomi. Ma è incomprensibile come si possa costruire una squadra con una sovrabbondanza in difesa e un centrocampo coi numeri contati e senza un uomo in grado di creare gioco. Certo, Baldini, a differenza di Filippi predilige la difesa a quattro e questo cambia calcoli e valutazioni. Ma che occorra rafforzare e migliorare il centrocampo è necessario e urgente. Serve gente di personalità, in grado di dettare tempi e giocate, di verticalizzare, e possibilmente un leader che sappia trasformare la foga in carica agonistica positiva. Del resto, il Palermo che conquistò la A nel 2004, si rafforzò a gennaio, dopo l’esonero di Baldini, proprio dopo la prima di ritorno, come adesso, e l’arrivo di Guidolin, con gente come Grosso, Biava, Jeda, i gemelli Filippini, Brienza e non soltanto, e anche quello della promozione dei record di 10 anni dopo, con Iachini sostituto di Gattuso, intervenne sul mercato prendendo un leader come Maresca e recuperando Franco Vazquez, messo fuori rosa e dato in prestito in giro per l’Europa.
Per la svolta, oltre al cambio di allenatore, occorre intervenire sul mercato, è lo sforzo necessario che questa società deve fare, a prescindere dai tempi di arrivo dei nuovi investitori di cui si parla. Forse non basterà neppure, ma per coltivare ambizioni serie e credibili occorrono gesti concreti e, soprattutto, scelte oculate. Anche perché c’è da recuperare il rapporto con i tifosi, sempre più scettici e delusi.