“Il mio mestiere nel calcio purtroppo sta scomparendo, ed è un peccato”. Queste le prime parole rilasciate da Leo Stulac al Corriere dello Sport, durante la quale il giocatore ha affrontato diversi temi. “Qualsiasi squadra avrebbe bisogno di un buon regista, uno come Andrea Pirlo. È sempre stato il mio modello: visione di gioco e precisione dei passaggi. Non ricordo come stesse in campo il mio allenatore Corini, però mi rendo conto quando parliamo che mi capisce al volo. E io capisco lui“.
L’Empoli gioca bene, calcio brillante, tanti passaggi. Però quando il Palermo mi ha chiamato ho capito subito che sarei entrato in un progetto molto bello – ha proseguito Stulac -. Il calcio di Corini è lo stesso che ho in mente io. Lui poi in campo strilla e ci tiene sempre svegli. Dateci un po’ di tempo per costruire il gioco da cima a fondo. So che il Palermo vuole la Serie A, quest’anno o un altro. Il modo migliore per farcela è non pensarci. A Empoli non ci pensavamo e abbiamo vinto il campionato”.
Differenza tra serie A e serie B: “Di sicuro in A c’è una qualità maggiore. In B bisogna arrivare
mentalmente preparati a cambiare il modo di muoversi, aspettarti un impegno psicofisico
più intenso. Qui non si gioca a calcio tanto quanto vorremmo. Sono più battaglie che partite. Proprio per questo è un campionato molto difficile. Al Palermo serve lavoro quotidiano. Senza stare troppo a pensare agli obiettivi che ottieni e a quelli che ti sfuggono. Bilanci solo alla fine del torneo”.
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Manchester? è stato appassionante capire come si lavora in realtà così grandi – ha raccontato inoltre Stulac -. Non nascondo che viene la voglia di restarci, persino. La cosa che mi ha colpito di più è l’organizzazione. Secondo me è la base di qualsiasi storia di successo. Sarà per la mia impostazione mentale: io in campo sono un organizzatore.”
Su Ilicic: “Sono un suo amico, ma non so che cosa dire della sua situazione. Solo che ha la forza per rimettersi in corsa. Lo ha già dimostrato”.
Infine una riflessione sui possibili margini di miglioramento, nonostante i 28 anni di età. “Ce li ho, come qualsiasi altro giocatore. Secondo me non si arriva mai a un punto in cui si deve dire: ‘ecco, ho dato il meglio di me’. Non a caso, ricorda Stulac, “ho la parola ‘Passion’ tatuata bella grande sulla coscia.”
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