Chiesa e Covid-19, che fare? Abbiamo chiesto il parere a tre preti

I PENSIERI DI TRE UOMINI DI CHIESA

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Chiesa e Coronavirus, tempi duri anche per la fede. Cosa fare con le chiese? Quando potranno tornare i fedeli nelle strutture ecclesiastiche per ricevere i sacramenti? Ma soprattutto: cosa ne pensano gli uomini di chiesa di questa situazione attuale? Abbiamo contattato telefonicamente Don Giuseppe Bucaro (parroco alla guida della più grande parrocchia San Mamiliano e responsabile anche dell’oratorio di Santa Cita e della Chiesa di Santa Caterina), Don Gaetano Ceravolo (reggente del Santuario diocesano di Montepellegrino) e Don Francesco Fiorino (direttore dell’Opera di Religione Mons. Gioacchino Di Leo).

Chiesa

COME SI PONE LA CHIESA RISPETTO ALL’ ATTUALE SITUAZIONE?

Stesse domande per tutti per avere un ampio parere sul momento che vive la chiesa in questo periodo governato dal Coronavirus. Tra restrizioni e speranza di riaprire ai fedeli, nel rispetto della salute, ecco le risposte che ci hanno fornito i tre uomini di chiesa.

Quali sono le difficoltà della chiesa in questo periodo periodo governato dal Coronavirus?

Don Gaetano Ceravolo: “Le difficoltà sono quelle di convivere con questa situazione che non è facile. Per certi aspetti è tutta da inventarsi, momento per momento. Le celebrazioni, in Italia come in tutto il mondo, per adesso vengono organizzate via web perché, ovviamente, la difficoltà c’è. Vorrei dire una cosa: si parla molto di ‘chiese chiuse ed aperte’ ma di per sé, secondo le norme dei decreti che ci sono stati, non sono mai state chiuse. Bisogna garantire la sicurezza: lì dove i sacerdoti non hanno potuto garantirla, prudentemente hanno chiuso. A Palermo abbiamo chiese aperte in determinati orari dove sacerdoti e laici fanno vigilanza, mentre altre, dove per tanti motivi questa possibilità non c’è stata, hanno chiuso.”

Don Francesco Fiorino: “La chiesa è formata da persone normali e diverse per sensibilità, carattere e condizione socio-economica. Quindi vive le stesse difficoltà degli altri, facendo giustamente i doverosi sacrifici e limitando di molto la sua dimensione comunitaria. La missione della Chiesa è di custodire e proteggere la vita e in particolare di dedicarsi a chi è più bisognoso e fragile. Sono diversificate le iniziative di aiuto e sostegno concreto in queste settimane di pandemia. Nessun ostacolo o rischio può esimerci di stare vicini a chi sta subendo condizioni molto precarie e di povertà”.

Don Giuseppe Bucaro: ““La difficoltà più grossa è quella di non poter riunire la comunità. La chiesa è comunità fisica ed è fatta di persone. In questa fase, l’aver potuto supplire a questa deficienza per mezzo di diverse tecniche di comunicazione è stato un fatto positivo che ha creato, a mio avviso, un’esigenza più estesa dell’esperienza comunitaria fisica”.

Don Carmelo Torcivia si è chiesto perché i negozi potranno riaprire e le chiese no. Avalla il discorso o bisogna ancora avere prudenza?

Don Gaetano Ceravolo: “In linea di massima lo avallo. Ma c’è anche un altro aspetto: molte chiese sono chiuse, e trovo giusto essere prudenti. In tal senso ritengo che riaprire i luoghi di culto ci ponga dinanzi a una serie di criticità. Come facciamo, ad esempio a star dietro a tutte le persone che entrano in chiesa per pregare? Chi controlla le distanze e le varie disposizioni da mantenere? Con le disposizioni vigenti non è facile poter gestire tutto ciò. Anche il Papa ha pregato perché il suo popolo sia illuminato dalla ‘grazia della prudenza’. Io attualmente ho il Santuario chiuso e sarei per l’apertura ma la situazione non sarebbe gestibile…”

Don Francesco Fiorino: “Le chiese, o meglio le Messe con la presenza dei fedeli,  come i momenti di culto delle altre religioni,  vanno ripristinati gradualmente, tutelando la salute pubblica e cercando di evitare il rischio di altri morti. Si tratta di fare prevenzione e di mettere in atto il “buon senso”.

Don Giuseppe Bucaro: “Non avallo il discorso del confronto tra commercio e chiesa. Non possiamo metterlo sullo stesso piano e non condivido il paragone. Sono d’accordo, invece, sull’esigenza di dare una risposta a questo problema tenendo presente che il problema della celebrazione della messa comporta un assembramento. La celebrazione, poi, comporta la ricerca di una soluzione tecnica alla distribuzione dell’Eucarestia. Ritengo che sia indispensabile aprire le celebrazione eucaristiche ma bisogna trovare, insieme allo Stato, tutti quegli accorgimenti che il caso specifico richiede”.

Quali potrebbero essere le precauzioni che permetterebbero la riapertura delle chiese e l’afflusso dei fedeli?

Don Gaetano Ceravolo: “Il problema è la celebrazione pubblica. Personalmente, proporrei d’iniziare le celebrazioni nei giorni feriali, perché la frequenza in chiesa è minore. Quindi è più gestibile e ci si abitua sul campo. Meno messe perché tra una funzione ed un’altra ci sarà da disinfettare tutto. Acqua Lustrale? Le indicazioni della diocesi sono state di toglierla. Personalmente, l’aveva tolta da tempo perché il flusso di persone era tanto e l’acqua santiera si sporcava continuamemte. Per la Comunione i vescovi stanno dando indicazione, stiamo studiando il modo migliore possibile per rispettare l’atto e la sicurezza. I guanti? Sono più sporchi quelli di una mano disinfettata…”

Don Francesco Fiorino: “E’ necessario che il nostro Governo convochi immediatamente i rappresentanti della Chiesa cattolica, delle altre confessioni cristiane, dei fedeli musulmani ed ebrei e delle altre religioni presenti in Italia,  per elaborare decisioni condivise e responsabili. Stiamo lottando contro un virus pericoloso ed ancora non bene conosciuto. In Francia, notizia di poco fa, i luoghi di culto riapriranno il prossimo 2 giugno. Occorre molta prudenza e rispetto delle prescrizioni sanitarie“.

Don Giuseppe Bucaro: “Dobbiamo contingentare gli ingressi in chiesa tenendo conto delle distanze da mantenere. Questo è il primo elemento fondamentale. Il secondo accorgimento passa da una risposta concreta sul come distribuire l’Eucarestia. Proporrei la possibilità che non sia il sacerdote a darla, ma si metta in uno spazio adibito dove si possa prendere utilizzando una pinza o altri oggetti che mettano in condizione di poterla tenere tra le mani delle persone che hanno utilizzato tutte le precauzioni, tra le quali i guanti. È da studiare con i tecnici un metodo che possa azzerare i rischi per tutti. Bisogna aprire ma in sicurezza…”

In un momento così difficile, i credenti hanno bisogno di immergersi anche nelle fede: può essere un’arma positiva contro le brutture portate dal Coronavirus?

Don Gaetano Ceravolo: “Certamente! Ho letto ultimamente l’intervista di una persona fortemente atea che diceva che secondo la sua esperienza, la fede è l’arma più forte che abbia visto. Ha aggiunto anche un ‘Potessi averla io’. La prudenza è quella che guida il giudizio di coscienza. Dobbiamo avere tanta prudenza. Capisco le insistenze della Cei perché la gente ha bisogno anche di ricevere l’Eucarestia e vivere la realtà comunitaria della messa di persona. Poi è normale che staremo attenti a come andranno le situazioni. Tutti i direttori dei supermercati si comportano bene? Intanto propongo di aprire alle celebrazioni in chiesa con prudenza. Poi su chi si comporta male, s’interviene. Non dobbiamo svalutare il valore della comunità che si riunisce di persona”.

Don Francesco Fiorino: “Noi cristiani sappiamo di essere sempre sostenuti dal “Dio con noi” e dall'”Alleato fedele” che è il Signore Gesù Cristo. Con Lui, Luce del mondo e dei cuori, siamo coscienti che “la fede senza le opere è morta” e che quindi il male – ogni male – si vince con il bene praticato gratuitamente. Chi ama davvero gli altri conosce Dio come Sorgente di vita e di bellezza. Chi vive la fede, serenamente e nella quotidianità dell’esistenza, vince la paura di affrontare con determinazione ogni ostacolo, ogni cattiveria e qualsiasi virus. Non siamo soli in questo mondo e ci salviamo se ci aiutiamo come meglio possiamo. Ritornare nelle chiese per tanti non potrà che essere di grande aiuto”.

Don Giuseppe Bucaro: “La fede è un’arma. È la possibilità di guardare la realtà con gli occhi di Dio vedendo un futuro di speranza. Dare a noi la forza, quindi, di reagire positivamente alle difficoltà che la vita di ogni giorno ci presenta. Questa, poi, rappresenta una difficoltà ancor più forte e quindi abbiamo bisogno della presenza della fede nella nostra esperienza di uomini…”

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