Caso Raciti, Speziale resta in carcere: la violenza lascerà mai gli stadi?

I giudici respingono la richiesta di domiciliari per il giovane condannato per l'omicidio dell'ispettore Raciti

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Nuovi risvolti sul caso Raciti e sulla detenzione di Antonino Speziale, il colpevole, secondo i giudici, dell’uccisione dell’ispettore in quel maledetto 2 febbraio 2007. Nella giornata di oggi, infatti, è stato confermato dal Tribunale di Caltanissetta la permanenza in carcere del giovane catanese, per cui il proprio legale aveva chiesto gli arresti domiciliari.

Raciti

UN CASO LUNGO 13 ANNI

Facendo un excursus storico dei fatti, ricordiamo cosa accadde durante quella sera, in cui era in programma il derby tra Catania e Palermo, valido per il campionato di serie A. Prima del match furono diversi gli scontri fuori dall’impianto sportivo, tra la polizia e i tifosi di casa. Durante questi scontri perse la vita l’ispettore Filippo Raciti. Dopo cinque anni dai fatti e un processo su diversi gradi di giudizio, a novembre 2012, la Corte di Cassazione confermò per Antonino Speziale la condanna a otto anni di reclusione per omicidio preterintenzionale. Il processo è stato molto complesso e, al giorno d’oggi, nonostante una regolare sentenza da parte dei giudici, alcune ombre ricadono su questo evento drammatico.

UN CASO CHE DIVIDE L’OPINIONE PUBBLICA

Come accade in casi come questi, l’opinione pubblica si spacca in due, schierandosi da entrambe le parti. Di sicuro, il pensiero di tutti gli onesti cittadini è sempre andato al triste ricordo di un uomo che, purtroppo, ha perso la vita cercando di svolgere al meglio la propria professione. Ma, di fatto, la poca chiarezza degli eventi, più volte evidenziata, ha da sempre creato fazioni in favore o contro la condanna di Antonino Speziale.

Dalla parte del giovane tifoso catanese si è sempre schierata la categoria degli ultras di tutto il Paese. Lo slogan Speziale Libero è ormai divenuto celebre e visibile in tantissime occasioni, calcistiche e non. Emblematica la finale di Coppa Italia del 2014, allo stadio Olimpico, tra Napoli e Fiorentina. Gli scontri prima del match tra tifosi partenopei e romanisti causò la morte di un supporter campano. I tafferugli proseguirono all’interno dell’impianto sportivo, in cui una frangia dei tifosi imposero prima la sospensione della partita e poi autorizzarono la ripresa del match. Tra i vari tifosi, emerse il capo ultras Gennaro Di Tommaso, detto Gerry ‘a Carogna, che indossava una maglia con la scritta Speziale Libero. Immagine emblematica del cancro che ancora oggi colpisce il tifo in Italia: la violenza negli stadi.

QUANDO SARÀ SCONFITTA LA DELINQUENZA PRESENTE TRA I TIFOSI?

Il caso Raciti, come l’omicidio Sandri oppure la morte di Vincenzo Spagnolo sono tre dei tantissimi eventi drammatici avvenuti per una partita di calcio. Di sicuro le responsabilità di questi tragici fatti non sono da addebitare allo sport, bensì alla delinquenza e all’odio insita nell’animo umano. Ma quando arriverà il momento in cui si potrà assistere a un match di calcio senza il rischio di ritrovarsi coinvolti in scontri, che molto spesso mettono di fronte pseudo-tifosi e forze dell’ordine? Il DASPO, in questi anni, è riuscito a limitare i danni, non solo in Italia. Ma forse, ancora non basta per riuscire a debellare totalmente la violenza dentro e fuori gli impianti sportivi. E molto probabilmente, sarà impossibile eliminarla del tutto, almeno fin quando lo stadio e il tifo saranno luogo e strumento di sfogo di frustrazioni e odio gratuito.

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