Ultras del Palermo e del Catania insieme per il caso Speziale

La ricerca della verità e della giustizia nel caso Speziale - Raciti

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(Di Michele Sardo e Marco Iona) – Per chi non conosce certe dinamiche, il mondo ultras può sembrare incomprensibile. Tifoserie da sempre nemiche, che se si incontrano allo stadio o se si incrociano durante una trasferta se le danno di santa ragione: possono queste ritrovarsi insieme in totale armonia? Si, se ad unirle sono ideali e lotte comuni. Nelle occasioni in cui vince l’affermazione di un ideale, con grande stima, reciproca maturità e totale rispetto, gli ultras sono capaci di sedere a fianco, stringersi e trovarsi coesi in una “battaglia comune”.

Simone Nastasi, giornalista e scrittore

IL LIBRO INCHIESTA

Davanti a Simone Nastasi – autore di un libro inchiesta dal titolo “Il caso Speziale, cronaca di un errore giudiziario” – al padre di Speziale stesso, Roberto, ed ai giornalisti d’inchiesta Giuseppe Lo Bianco e Piero Messina, c’era un pubblico di ultras. Numeroso, composto, attento. Presenti gli ultras del Palermo – di tutti i settori – alcuni supporters del Catania, del Marsala, del Modica, da Piana degli Albanesi e perfino un ultrà appartenente alla “brigata tifosi” De Graafschap, un club del campionato olandese.

IL FATTO

Motivo dell’incontro, un dibattito sulla vicenda giudiziaria che ha coinvolto il 2 febbraio 2007, durante un derby Catania – Palermo, Antonino Speziale. Lo Speziale, allora minorenne, è un tifoso etneo ritenuto responsabile della morte dell’ispettore capo di Polizia Filippo Raciti. Il poliziotto deceduto in seguito agli incidenti del pre gara tra fazioni del tifo catanese e forze dell’ordine a presidio della sicurezza durante il derby.

DINAMICHE E ANOMALIE

Durante l’incontro, l’autore del libro su Speziale, Simone Nastasi, ha cercato di far conoscere laicamente i fatti e le dinamiche lacunose attraverso le quali si sarebbe giunti a stabilire la colpevolezza dello Speziale. Sempre Nastasi, parlando del caso, si chiede “se verità storica e verità  giudiziaria camminino sempre pari passo”. La sua risposta è negativa e citando atti processuali racconta due episodi agli atti. La prima è la dichiarazione resa dal conducente del Discovery della Polizia, collega di Raciti, che in quella tragica sera asserí di aver colpito qualcosa facendo retromarcia con il mezzo. Quel qualcosa era l’ispettore Raciti, che poi quella stessa serà morirà in ospedale. Una dichiarazione che fu poi cambiata dall’agente in sede processuale.

Un momento del dibattito

L’ESITO PROCESSUALE

Il secondo episodio è l’atto processuale che cita Nastasi e che si riferisce alla ricostruzione che i Ris di Parma fanno dell’episodio del sottolavello con cui Speziale avrebbe colpito mortalmente Raciti. Dell’episodio non è agli atti nè un fotogramma nè un video che provi la responsabilità dello Speziale. Inoltre i Ris, racconta Nastasi, hanno ritenuto l’oggetto inidoneo a cagionare lesioni (spappolamento del fegato) poi risultate letali. La Magistratura catanese, in seguito a tali risultanze, ha solo derubricato l’accusa a Speziale, da omicidio colposo a preterintenzionale. Ed il processo ha dato un verdetto di colpevolezza, pur in assenza di prove certe, al di là di ogni ragionevole dubbio.

LA BATTAGLIA DI UN PADRE

Il padre di Speziale, applaudito più volte, ha palesato in modo verace e drammatico il suo dolore. Ritiene infatti da sempre che il processo a carico del figlio sia viziato da molti errori ed omissioni, che giudica volontarie fin dall’inizio. È venuta fuori una sola campana, ma i dubbi che sia stata fatta l’ennesima ingiustizia italiana ci sono. La giustizia non è infallibile, e i casi che lo dimostrano, purtroppo, sono tanti. Manifestare dubbi su una sentenza, seppur decisa al terzo grado di giudizio, non deve destare stupore o meraviglia. Soprattutto in uno Stato democratico come quello italiano.

Roberto Speziale, padre di Antonino

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