La partita con la Vibonese ha lasciato l’amaro in bocca a tanti tifosi palermitani. Anzi, ha tolto il coperchio a un disagio che si è fatto esplicito e deciso. Non tanto e non soltanto per il risultato, quanto per la prestazione offerta dagli uomini di Boscaglia. Non è ancora rabbia, ma disappunto, delusione, questo sì. I social, ma anche le trasmissioni di approfondimento su radio e tv, come sempre, assumono il ruolo di sfogatoio e di termometro degli umori della piazza.
Certo è che quelli di Vibo Valentia sono due punti persi che lasciano i rosanero in una posizione di classifica utile, certamente per l’accesso ai play off, ma che è un limbo, un piazzamento mediocre, certamente non in linea con le ambizioni e i sogni di una tifoseria ancora nostalgica della prima “Era Zamparini”.
E, si sa, quando le cose non vanno bene, si aprono i processi e alla sbarra sono finiti tutti, dal calciatori, alla società con le sue scelte di mercato e le sue strategie a medio e lungo termine. Ma la novità del post Vibonese è che anche l’allenatore, Roberto Boscaglia, è salito sul banco degli imputati. Da valore aggiunto, da unico vero fuoriclasse di questa compagine, a responsabile di un andamento altalenante e certamente non convincente. Le sue scelte non convincono, questa è la sintesi dei punti di vista dei tifosi: per molti è confuso, per altri semplicemente “integralista”, per altri ancora, la sua principale responsabilità è aver accettato un organico non adeguato all’obiettivo, che era uno, imperativo e categorico, cioè la promozione.
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L’ESPERIENZA NON MANCA
Ma si può mettere in discussione Roberto Boscaglia? La sua esperienza, le due promozioni dalla Serie C (o Lega Pro, non fa differenza), con Trapani e Virtus Entella, le oltre duecento panchine in Serie B, così come il gioco spumeggiante e offensivo che ama far proporre dalle sue squadre, parlano per lui e sono garanzia di una qualità assoluta, di una marcia in più, per questa categoria.
La società ha affidato a Boscaglia le sue ambizioni di un ritorno in Serie B, cedendo alla sua richiesta di un contratto biennale, dopo aver congedato Rosario Pergolizzi, l’allenatore che pur vincendo il campionato di Serie D, non aveva mai convinto per la qualità del gioco; dal canto suo, l’ex allenatore del Trapani ha rinunciato a una panchina di B per tornare in terza serie nel nome di un progetto chiaro e in un club prestigioso come il Palermo; il più prestigioso della sua Sicilia.
Il calcio è così, del resto. Non ci sono totem, idoli che non rischino di cadere dall’altare alla polvere nel giro di una stagione e son sempre i risultati a fare la differenza. Vale per tutti, che si chiamino Mourinho, Ranieri o Boscaglia, appunto. E i risultati sono quelli che stanno mancando (o, almeno nella continuità), al momento, relegando i rosanero in una posizione di classifica certamente non esaltante, anche volendo parlare di “anno di transizione”.
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DOMANI C’È IL BARI
Certamente, come ha scritto Toni D’Anna pochi giorni fa sul nostro sito, non mancano le attenuanti, già dette e ridette, ovvero la preparazione, iniziata con un numero di giocatori non congruo e condizionata dagli arrivi dilazionati dei giocatori, che ha influito sui risultati delle prime gare, come a Teramo, e poi il Covid che ha messo in isolamento oltre la metà dell’organico e ha costretto in un secondo tempo a scelte obbligate, a spremere sempre gli stessi giocatori, quelli rimasti disponibili.
C’è stato di tutto, compresi gli infortuni che hanno ritardato l’entrata in forma di alcuni elementi o che hanno colpito quelli più in palla e determinanti, come Almici, il migliore dei rosa in questo avvio di stagione. Tutto vero, così come è vero che i problemi hanno inceppato il rodaggio di una squadra completamente nuova, che a dispetto del nome e del blasone è una neopromossa, e che può soltanto crescere.
Il problema è che siamo a dicembre e alla fine del girone di andata manchino soltanto due partite, oltre al fatto che persino squadre come la Turris, altra neopromossa, e il Foggia, ripescata in C, sono davanti ai rosanero e li hanno battuti nelle sfide dirette. Per tacere del fatto che Ternana e Bari sono ormai fuori dalla vista, con 20 e 13 punti rispettivamente, o del bilancio del Palermo con le squadre in zona play off: su nove squadre, che lo precedono, il Palermo ha perso contro quattro (Teramo, Avellino, Foggia e Turris), pareggiato con tre (Ternana, Catanzaro, Catania) e vinto soltanto con la Juve Stabia. Resta il Bari, prossima avversaria dei rosanero, anzi dei “biancoblu” (vista la maglia celebrativa che sarà indossata domani, al Barbera). Insomma, ben che vada, oltre a un discreto piazzamento in zona play off, questa squadra non sembra poter ambire.
MARTIN E SILIPO SCARTATI
Ci sono poi le scelte dell’allenatore, che sono poi i capi di accusa che gravano sul tecnico gelese, secondo le opinioni di tantissimi tifosi, ma anche di diversi osservatori. Scelte di uomini e di schemi. Accuse che chiamano in correo la società, per il mercato estivo che non ha portato la famosa “punta da 20 gol”. In realtà, fare processi, quando ancora ci sono tempo e margini di crescita, è prematuro e non serve a nulla. Porsi domande, però, è legittimo e doveroso. Possibilmente per avere risposte.
I tifosi si chiedono, e ce lo chiediamo pure noi, per la verità, perché si insista sempre su alcuni elementi, schierati magari in un ruolo che non è proprio il loro, mentre altri, che quel ruolo lo hanno sempre interpretato, restano in panchina. Il caso più clamoroso, quello più citato, è Martin, uno dei protagonisti della promozione dalla D. Confermato dalla società, ha giocato da titolare pochissime volte, quasi sempre perché, per mere ragioni di numero, Boscaglia non potesse farne a meno, il francese, insieme a Palazzi, è il solo “cervello” di centrocampo in organico; quando chiamato in causa, ha garantito ordine, verticalizzazioni, pure con qualche errore abbastanza evidente e ritmi non proprio esaltanti.
Al suo posto, però, pure quando non è stato disponibile Palazzi, Boscaglia ha insistito su Odjer, un “settepolmoni” al quale, pur non avendone le caratteristiche, l’allenatore ha affidato le chiavi della “cabina di regia”. Un altro caso è quello di Silipo; il ragazzino romano, diventato subito un idolo dei tifosi per quanto mostrato in D, ha ormai preso la residenza in panchina. Eppure, pur con tutti i limiti tecnici o caratteriali dovuti all’età, potrebbe garantire quel contributo di imprevedibilità e di creatività sulla trequarti, di “visione della porta” che a questa squadra sembra mancare. Sono soltanto due esempi di giocatori sotto utilizzati. Poi ci sono quelli impiegati in posizioni che non sembrano loro congeniali e qui l’elenco sarebbe molto lungo.
4-2-3-1 AD OGNI COSTO
Questo perché Boscaglia insiste nel suo modulo di gioco, il 4-2-3-1 fatto di tantissimo possesso, con un giro palla finalizzato a trovare spazi sulle fasce per servire la punta, Saraniti o Lucca che sia. Un modulo che richiede intensità e spazi stretti tra le linee, che garantisce spettacolo quando funziona tutto alla perfezione, ma che ma che, quando il meccanismo si inceppa per qualche motivo, ha esposto il Palermo a due evidenti problemi: riuscire a trovare varchi nelle difese chiuse di molti degli avversari affrontanti, non soltanto al Barbera, e alle ripartenze che spesso sono costati gol, quasi in fotocopia, e punti. E che ormai gli avversari conoscono a memoria.
Qualcuno sostiene che Boscaglia non abbia gli uomini adeguati alle sue idee di gioco e per questo adatti gli uomini e compia le sue scelte di formazione. Una formazione diversa, ogni partita, peraltro. Anche questo indice del fatto che l’allenatore non abbia ben chiaro un “undici” ben definito da mandare in campo, con le varianti che le circostanze dovessero rendere necessarie.
Ma è da chiedersi quanto sia saggio, per un allenatore insistere su una idea di gioco praticamente fissa, quando non hai gli interpreti che ritieni adatti, o piuttosto cambiare in funzione delle qualità dei giocatori a disposizione, schierandoli nei ruoli ad essi più congeniali, là dove hanno sempre giocato, dove possano rendere al meglio delle loro possibilità. Vedremo se dal mercato di gennaio arriveranno novità, uomini più adatti agli schemi del tecnico. Ma i messaggi mandati nei mesi scorsi dalla società non fanno presagire movimenti particolari.
TUTTO RINVIATO AL 2021
Possibile che non esistano alternative tattiche da proporre in partita? Boscaglia sostiene che sia una questione di atteggiamento, di carattere e che, in realtà, giochi a quattro a centrocampo, ma poi, a tirare la carretta, lì nella zona nevralgica i rosa, in fase di non possesso, sono spesso in inferiorità numerica perché le caratteristiche dei giocatori schierati sulle fasce non sono certamente quelle di copertura.
Fatto sta che questa squadra sembra una incompiuta, che non ha dato a Vibo Valentia, così come a Foggia o con la Viterbese e in qualche altra circostanza, l’impressione di avere una identità chiara e il carattere necessari per ambire a un campionato di vertice. Questi risultati, questa altalena di rendimento vanno bene per una stagione di transizione, di assestamento. In questo caso, basta mettersi il cuore in pace, per quest’anno, e rinviare ambizioni e critiche alla prossima stagione, con un organico finalmente all’altezza.
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