Filippi-Braglia, cammino parallelo: dalle lodi al rischio esonero

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Palermo- Avellino sarà anche Filippi contro Braglia. Due tecnici dalla storia professionale completamente diversa, ma dal presente abbastanza e curiosamente simile, sovrapponibile. Domani si ritroveranno di nuovo faccia a faccia, dopo le scorie dello scontro verbale, a distanza, che ha aggiunto ulteriore pepe alla sfida play-off dello scorso campionato. Due storie diverse, come rinfacciò Braglia a Filippi dopo la vittoria del suo Avellino nel ritorno della sfida playoff, l’anno scorso.

Giacomo Filippi sta vivendo la sua prima esperienza da titolare di una panchina professionistica dopo aver fatto da vice per sei anni di Roberto Boscaglia, soprattutto se confrontato a quello dell’allenatore dei lupi irpini, che ha vissuto la sua prima esperienza su una panchina addirittura 32 anni fa, in Serie D alla Bibbiense e che ha vissuto la sua carriera tra Serie C (o Lega Pro) e B, con un bottino di cinque promozioni, ma anche otto esoneri.

Ma è l’attuale andamento in campionato che lega i due allenatori ben più di quanto si immagini. Potremmo dire, per entrambi, dalle stelle alle stalle. O quasi. Perché dopo essere stati osannati per i risultati ottenuti l’anno scorso, i due hanno rischiato di essere esonerati, rinsaldando la panchina a suon di risultati, senza però riconquistare i cuori dei rispettivi tifosi.

Braglia, la stagione scorsa, al suo primo anno sulla panchina dell’Avellino, ha accarezzato a lungo il sogno della promozione in B, la quarta in carriera dopo quelle ottenute con Catanzaro (2004), Pisa (2007, ai play-off, dopo un terzo posto nella regular season), Juve Stabia (2011, di nuovo ai play-off dopo il 5° posto in campionato) e Cosenza (2017, ancora ai play off dopo un altro 5° posto nella stagione regolare).

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Il cammino nei play-off, nello scorso campionato si è fermato in semifinale, contro il Padova, dopo aver eliminato il Südtirol nel turno precedente e, prima ancora proprio il Palermo di Giacomo Filippi. Che si era guadagnato la conferma sulla panchina del Palermo grazie allo straordinario cammino della squadra rosanero dopo la sua nomina al posto dell’esonerato Boscaglia. Dall’anonimato del centroclassifica, ai limiti della zona play-off, al settimo posto, posizione mai raggiunta prima in stagione, con un bilancio di 20 punti in dieci partite, frutto di sei vittorie, tra le quali quella straordinaria nel derby del Massimino col Catania, due pareggi e due sconfitte.

Il suo gioco piaceva perché essenziale, senza fronzoli tattici, la sua squadra mostrava il carattere quasi mai esibito durante la gestione Boscaglia e ai play-off si era liberato senza particolari difficoltà degli ostacoli Foggia e Juve Stabia, che nella regular season avevano fatto soffrire i rosa. Ma nel calcio, si sa, si vive di risultati, sono questi a decidere le sorti di un allenatore e la caduta nella polvere è sempre un rischio del mestiere se la classifica piange. Coi suoi otto esoneri, Braglia lo sa benissimo.

Avellino e Palermo avevano affidato ai due allenatori le ambizioni di vertice anche in questo campionato, ma l’andamento della stagione ha fatto crollare le loro azioni, per usare un termine borsistico, e soprattutto la fiducia delle rispettive tifoserie che hanno attribuito loro le colpe delle deludenti prestazioni e ne hanno chiesto le dimissioni.

A Palermo non funziona più come ai tempi di Zamparini quando l’esonero era come un’ombra che seguiva da presso ogni allenatore pronto a ghermirlo al primo inciampo, e un’eventuale scelta della società di cambiare guida tecnica è rimasta a livello di intenzioni, nonostante il tam tam dei tifosi che invocavano un esonero sui social, dopo la debacle di Torre del Greco e Filippi è restato al suo posto.

Poi sono arrivate due vittorie di fila, quella così così in casa con la Virtus Francavilla e quella dai due volti con la Vibonese, la prima in trasferta, il Palermo è arrivato al terzo posto a ridosso del Catanzaro, anche se la qualità del gioco della squadra continua a non convincere; ad Avellino il cambio in panchina era cosa già fatta, con tanto di nome del sostituto pronto, ossia Vivarini.

Il 5 ottobre scorso giornali e siti irpini scrivevano già dell’avvicendamento. Fatale al sessantaseienne allenatore grossetano il clamoroso ko in casa della matricola Monterosi per 2-1 nella settima giornata, con l’Avellino undicesimo in classifica con soli 8 punti, due in meno del Palermo e, soprattutto, 9 meno del Bari capolista. A cose praticamente fatte, il colpo di scena clamoroso col ripensamento della società, anche su richiesta dei calciatori. In cinque si presentano alla dirigenza, a nome di tutti i compagni, per una assunzione di colpe per il rendimento stagionale e le rassicurazioni: la svolta ci sarà e arriverà con Braglia.

Bene, ma non benissimo, perché con la conferma di Braglia è arrivata la frattura con la tifoseria organizzata che accusa i giocatori di essere “infami” e “mercenari” e i dirigenti di essere “luridi accattoni”, con tanto di minaccia: “Da oggi è finito il tempo del dialogo, avrete quello che meritate”. Il ricordo delle croci sul campo dello stadio Partenio del 1992 è scattato immediato. Ma non sono più quei tempi. E, per fortuna dell’Avellino, gli irpini hanno ricominciato a far punti. Altri otto, per la precisione, in quattro giornate, con due successi casalinghi contro Virtus Francavilla e Paganese e due pareggi esterni, contro Andria e Catania.

Manca l’acuto esterno che Braglia vorrebbe ottenere proprio a Palermo, come l’anno scorso quando i biancoverdi sbancarono il Barbera alla quarta giornata con le reti del palermitano D’Angelo al 27° del primo tempo e di Fella nella ripresa, al 12°, grazie a un gentile omaggio, corsi e ricorsi storici, di Lancini. Tantissime cose sono cambiate da allora, una per tutte, Fella ora è rosanero e ha voglia di rivalsa contro la sua ex squadra.

Un’altra è la condizione dei due allenatori che sembrano ancora a rischio. Il cielo sopra di loro non è affatto sereno, ma attraversato da nubi più o meno cariche di tempesta. La loro unica chance è quella di far parlare i risultati, a prescindere dal livello del gioco espresso dalle squadre. Fin quando arriveranno quelli e le ambizioni rimarranno intatte e concretizzabili, bene. Altrimenti, apriti cielo…

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